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il Quaderno del 17 novembre

Berlusconi: Finanziaria solo di tasse

Agenzia di stampa Apcom del 17 novembre, h. 11

Quella messa a punto dal governo Prodi "è una Finanziaria ideologica fatta soltanto di tasse". Silvio Berlusconi non cambia idea e torna a bocciare la legge di bilancio del centrosinistra. Conversando ieri notte con i giornalisti, in occasione di un incontro in un albergo romano con i Repubblicani di Francesco Nucara, il Cavaliere ha aggiunto che "se sono vere alcune voci che circolano, hanno avuto un extra-budget di 15-20 mld di euro. E allora che bisogno c'era di fare una Finanziaria così pesante?". "Questo è un governo - ha aggiunto Berlusconi - che ha usato lo strumento fiscale come strumento di penalizzazione. Del resto quando Bertinotti propone di abolire la proprietà privata dimostra proprio questa ostilità".

"In piazza saremo tantissimi perché in tantissimi vogliono essere protagonisti della protesta". Silvio Berlusconi si mostra ottimista sui numeri della manifestazione del 2 dicembre contro la Finanziaria a Roma e assicura: anche senza organizzazione i cittadini arriverebbero comunque. Il Cavaliere non punta a fare previsioni ma, ha spiegato, "per ora la presenza organizzata è di 200 mila persone. Tutto il resto verrà in più e sarà tanto, tantissimo". "Io - ha aggiunto sicuro Berlusconi - la manifestazione l'avrei lasciata senza organizzazione perché sono sicuro che le bandiere sarebbero arrivate da sole. Quanti saremo? Non ho la sfera di cristallo ma so che sono tantissimi i cittadini che vogliono essere protagonisti della protesta".

"I senatori a vita dovrebbero capire che non sono rappresentanti della volontà del popolo". Silvio Berlusconi boccia così i senatori a vita che ieri hanno votato a favore dell'Unione in Senato (i sei che erano presenti). Berlusconi è tornato a spiegare perché, a suo dire, i senatori a vita dovrebbero astenersi dalle votazioni: "Quando dopo elezioni così delicate conclusesi con uno scarto di 24 mila voti, i senatori diventano decisivi per la maggioranza, dovrebbero essere loro stessi a capire che non sono rappresentanti della volontà del popolo".

Non c'è nessun pericolo che la Lega nord di Umberto Bossi flirti con il governo dell'Unione o possa addirittura pensare ad appoggiarlo esternamente. Ne è convinto Berlusconi che ha spiegato così le mosse del Carroccio. "La Lega guarda sempre agli interessi del Nord e dice ‘Se questo governo fa una proposta positiva per il Nord la votiamo'. Ma questo non vuol mica dire appoggio esterno".

"Vedere sfumare il progetto della realizzazione del Ponte sullo Stretto mi ha fatto male, mi ha veramente addolorato". Berlusconi non nasconde la sua personale amarezza per l'accantonamento della grande opera per collegare Calabria e Sicilia decisa nelle prime settimane dal nuovo governo. "Abbiamo fatto 35 riunioni che sono servite a mettere d'accordo le due Regioni, le Province, i Comuni. Sono andato a Bruxelles perché venisse finanziato il corridoio Berlino-Palermo e sono bastati 5 minuti in Consiglio dei ministri per dire di no. Questo mi ha veramente addolorato".

Il referendum sulla legge elettorale "rappresenterebbe una spinta per una democrazia più matura" nella quale si possano confrontare "due formazioni che ci avvicinerebbero a una democrazia più completa" ma "non possiamo non tenere conto dei nostri alleati". Così Berlusconi ha risposto sul referendum sulla legge elettorale.

Berlusconi non ha mai dubitato: l'Udc non passerà mai con la sinistra. È lo stesso presidente di Forza Italia che, al netto delle polemiche avute con i centristi in questi mesi sulla Finanziaria, rassicura sulla lealtà di via Due Macelli. Berlusconi ha messo in chiaro che "con le loro posizioni hanno cercato di attirare attenzione ma io non ho mai ritenuto che l'Udc possa passare a sinistra".

La Casa delle Libertà non è morta. Anzi è viva e vegeta, "esiste e la prossima settimana ci sarà un vertice". Così Berlusconi sulle ‘condizioni di salute' del centrodestra dopo l'avvento del governo Prodi. Berlusconi quindi non si riconosce nelle parole del leghista Maroni (‘La Cdl è morta') e ai giornalisti spiega che: "Tra i nostri elettori non ci sono affatto spaccature e tutti ci chiedono di stare uniti. Per questo la Cdl esiste".

"Ucraina e Messico sono davanti a noi in fatto di democrazia". È l'impietoso giudizio che Berlusconi dà dell'Italia governata dal centrosinistra.

L'ex premier ha aggiunto che "oggi l'Italia non è un Paese che gode di completa e compiuta democrazia. Come si può definire altrimenti un Paese dove vengono attaccate aziende sane? Il nostro movimento è ispirato a una cultura democratica che oggi in Italia non c'è. Anzi Ucraina e Messico sono più avanti di noi".

Finanziaria/La fiducia è contro la maggioranza

Un voto di fiducia contro la propria maggioranza: è l'ennesimo record negativo di questo governo. Sfiorano quota 500 gli emendanti che il governo ed il relatore di maggioranza hanno presentato alla manovra. L'intenzione era quella di correggere in corso d'opera una finanziaria che non piaceva nemmeno a chi avrebbe dovuto difenderla in Parlamento.

A Napoli si dice: pure lo scarafone è bello a mamma sujia. La regola non vale per questa finanziaria. E come sempre avviene questa manovra non si sa più di chi è figlia. Non è figlia di Padoa Schioppa che, dice, l'avrebbe voluta diversa (con tanto di riforma delle pensioni, del pubblico impiego, della sanità, degli enti locali). Non è figlia dei moderati della sinistra. Non è figlia dell'estrema sinistra.

E' una figlia di nessuno. O forse un padre ce l'ha. Prodi. E rappresenta la fotocopia della maggioranza: multicolore. Il risultato è una finanziaria che prova ad accontentare tutti, con il risultato che non accontenta nessuno. Protestano i precari, le fasce meno fortunate della popolazione, la classe media, i professionisti, gli artigiani, i commercianti, i dipendenti pubblici; piangono gli automobilisti, non sorridono i motociclisti.

Ora su questa finanziaria, il governo chiede la fiducia. La maggioranza gliela darà turandosi il naso, come Montanelli. Ma non riuscirà a tappare la bocca agli scontenti della manovra.

Realtà/Crolla il consenso nel governo

Scende ancora la fiducia in Romano Prodi e nel suo governo. Lo dice l'ultimo rilevamento mensile di Ipr Marketing per Repubblica.it eseguito lunedì 13 novembre su un campione di mille cittadini. Questo sondaggio segue di pochi giorni quelli effettuati da Ekma per Clandestinoweb e da Renato Mannheimer per il Corriere della Sera, che avevano rilevato un trend analogo.

Il calo, nel pieno della battaglia sulla Finanziaria, e mentre viene data per scontata la richiesta della fiducia in entrambi i rami del Parlamento, è ancora significativo anche se inferiore al mese scorso - rivela Repubblica.it - e il premier (46 per cento di ‘sì', 42 secondo Ekma) tiene meglio rispetto al suo esecutivo (43 per cento). Per la prima volta, però, la percentuale di coloro che esprimono molta/abbastanza fiducia nel Professore come capo del governo risulta inferiore (46 per cento a 50 per cento) rispetto a quella di coloro che ne hanno poca o nessuna.

Per Mannheimer l'insoddisfazione nei confronti del governo riguarda il 63 per cento degli elettori, rispetto al precedente 53 per cento.

Berlusconi: tra me e Prodi distacco di dieci punti

Agenzia di stampa Apcom del 16 novembre, h. 16,54

"Tra me e Prodi ci sono quasi dieci punti". Ancora una volta i dati che Silvio Berlusconi ha mostrato ai coordinatori regionali rilevano uno scarto notevole nell'indice di gradimento.

In base alle rilevazioni il presidente del Consiglio è al 33,5% mentre il gradimento del Cavaliere al 53,5%. Più generalmente gli scontenti dell'esecutivo sarebbero quasi il 72%.

Notevole, secondo i dati del presidente di Forza Italia, anche lo scarto tra le due coalizioni: i sondaggi danno il centrosinistra al 44,5% e il centrodestra al 56,5% con Forza Italia al 29,9%.

Realtà/Crolla la dignità dei senatori a vita

I senatori a vita hanno salvato per l'ennesima volta il governo e si riapre la questione sul loro diritto di voto: da una parte si evoca il rischio di violare le regole democratiche e dall'altra quello di comprimere le libertà soggettive. Una questione che getta qualche ombra sul valore morale della loro nomina e pone qualche dubbio sulla utilità di questa figura i cui requisiti, rispetto a ieri, vedono una accentuata valorizzazione politica.

Già tempo fa sul Corriere della sera, Sergio Romano sosteneva che i senatori a vita dovrebbero scegliere in coscienza quando votare e quando astenersi e che se "il loro voto contribuisse a tenere in piedi un governo che fa fatica a sopravvivere, sarebbe un voto irresponsabile per cui farebbero bene a uscire dall'aula".

La nomina a senatore a vita è il riconoscimento di speciali meriti, ma il potere di determinare gli avvenimenti della nostra democrazia parlamentare non hanno nulla a che fare con il più ambito premio Nobel. Il voto comporta una responsabilità nei confronti degli elettori: l'irresponsabilità dei senatori a vita mal si combina con il loro potere e, paradossalmente, un ex presidente della Repubblica può influire sulla decisione del Senato più di un Presidente in carica.

Ma c'è di più. Se tutti i senatori a vita sono schierati con la sinistra vuol dire che sono stati scelti non solo per "chiari meriti" ma per chiare affinità politiche e rischiano di rappresentare non la volontà popolare ma la volontà di un partito. E questo mal si concilia con i "grandi meriti" della democrazia popolare. Considerazioni nate dalle tante giuste proteste dell'opposizione per i ripetuti voti di fiducia al governo Prodi. Ora, stigmatizzati i fischi e confermata l'inopportunità di quei voti, resta il valore di una denuncia che in politica acquista il senso di progetto il quale non può essere abbandonato ogni qual volta "passa la festa".

Una classe politica può e deve pensare ad una soluzione legislativa: può ipotizzare di sopprimere l'art. 59 della Costituzione con un vantaggio per le casse dello Stato, può optare per la sopravvivenza nella carica solo degli ex presidenti della Repubblica, può valutare l'opportunità di dare loro un diritto di tribuna e non di voto. O quant'altro, ma qualcosa bisogna fare. D'altronde la loro "eccellenza" è data dalla storia personale, dall'esperienza, dalla cultura, dalla forza del sapere non certo dalla forza di un numero.

Realtà/Non crolla l'alleanza con la Lega

I roumors giornalistici sulla Lega che starebbe trattando per spostarsi a sinistra, rispondono ad una doppia logica politica. Ma restano soprattutto fantasie.

La logica è quella di aiutare per un verso la maggioranza affogata dalla peggior Finanziaria del dopo guerra, offrendole una possibile stampella di consensi. Una ipotesi che piace ai giornali che tifano perché il Carroccio si sposti. Su un altro versante segnalano l'attivismo di alcuni componenti della Lega che provano a sondare il centrosinistra per tener testa in Lombardia allo strapotere di Formigoni.

Da qui a sostenere o credere che la Lega sia pronta al salto della quaglia, ce ne corre. E Berlusconi non si deve sforzare più di tanto nel ribadire con fermezza la scelta leale del Carroccio. Sicuro come è, tra l'altro, della obiettiva convenienza di Umberto Bossi a restare determinante dentro la Casa delle Libertà, o quello che la CdL diventerà domani, contro un governo che passerà alla storia come l'Esecutivo delle tasse!

Ma c'è di più. Sullo sfondo di questa Finanziaria che rende tutti più poveri, il cuore della CdL e il popolo degli italiani scontenti che sono in grande maggioranza, hanno lanciato la manifestazione del 2 dicembre a Roma. Su quel palco, in quella piazza che diventerà il simbolo di una nuova stagione di protesta dell'Italia libera e liberale, ci sarà Bossi e Bossi parlerà. Con quale logica si può organizzare una trattativa per cambiare alleanze e saltare sul carro di una maggioranza vessatrice, a due settimane dalla protesta di popolo di Piazza San Giovanni?

Eccessivo, invece, sarebbe negare al Carroccio qualunque possibilità in manovre tattiche. Quando si parla di riforma elettorale, quando si rimettono in pista i referendum e quando torna di attualità quel governo di larghe intese che potrebbe tagliare le ali delle due coalizioni, il fiuto di Bossi avverte un pericolo: quello della sopravvivenza. Sta a Forza Italia lasciare spazio dentro la Casa ad un alleato che in questo decennio si è rivelato leale e determinante. Il vero ostacolo perché la sinistra non solo non sfondi al Nord, ma abbia ormai persino paura di provarci.

Realtà/Decolla la manifestazione

Dalla conferenza stampa per la presentazione della manifestazione del due dicembre il dato positivo è rappresentato dalle adesioni ai cortei che sono già vicine alla quota-obiettivo di 200.000 unità. Ma è molto probabile che il numero dei partecipanti grazie anche alla macchina organizzativa messa in piedi dai partiti possa raggiungere quota trecentomila.

Un altro dato positivo è rappresentato dal fatto che mentre i quotidiani descrivono una Lega in disarmo e pronta a stringere patti con Prodi, il comportamento del Carroccio nell'organizzazione della manifestazione è esattamente l'opposto: ventre a terra per lavorare come un sol uomo per la buona riuscita dei cortei.

C'è da registrare, però, che mentre la macchina organizzativa funziona a pieno regime e i riscontri dal territori vanno oltre le più rosee aspettative, sono in atto dei tentativi per nascondere quello che si preannuncia un successo e guarda caso il ruolo più attivo viene svolto dalla stampa che tra l'altro si prepara a mettere la sordina alla manifestazione con uno sciopero.

A maggior ragione è quindi necessario che la Casa delle Libertà porti in piazza un numero di persone, fra presenze organizzate e spontanee, enormemente superiore a quanto si è fin ora detto. Sarebbe un grave errore dissuadere anche solo una persona dal venire a Roma perché si è già in tanti.

L'obiettivo è una grande manifestazione di popolo che unisca allegria ed ironia alla profonda rabbia ed esasperazione degli italiani nei confronti di questo Governo la cui finanziaria è solo il punto culminante ed emblematico del suo fallimento.

Realtà/Le due sinistre di Prodi

Prodi si fa forte della sua debolezza e alla Bbc si è detto convinto che nessuno dei suoi alleati sia "interessato a far cadere il governo, perché essi cadrebbero con me".

Di conseguenza fa spallucce alla notizia, confermata da un sondaggio di Repubblica, che la battaglia parlamentare sulla Finanziaria sia costata al governo ben 12 punti dell'indice di fiducia popolare, perché è la prova provata che i partiti della coalizione non hanno altra scelta che restare aggrappati alla ministeriale zattera di salvataggio, per scampare al rischio di naufragio elettorale.

La realtà è che Prodi sta sopravvivendo alle contraddizioni della formula di governo perché gli è riuscito di trasformare i due partiti più grossi, Ds e Margherita, nei suoi donatori di sangue. La scelta di accantonare le decisioni che dispiacciono ai partiti della sinistra radicale, e di portare avanti quelle che li accarezzano per il verso del pelo, spacca lo schieramento governativo in due aree con aspettative opposte. L'area riformista corre verso il disastro, mentre quella massimalista si aspetta legittimamente un lauto guadagno, in voti e in ruolo politico, dalla disfatta della coalizione.

Fino a quando? La cinica scommessa prodiana sul "tanto peggio" trova un limite oggettivo nell'istinto di sopravvivenza delle sue vittime sacrificali. La frustrazione della componente "riformista" della coalizione non mancherà di determinare, una volta chiuso il capitolo della Finanziaria, un clima parlamentare propizio agli incidenti di percorso. Mentre la verifica elettorale degli effetti dello sbandamento a sinistra del governo, nelle amministrative del nuovo anno, determinerà le condizioni di una irrimediabile spaccatura politica.

L'emorragia di consensi della coalizione di governo sul versante moderato del centrosinistra, svena la componente "riformista" mentre ingrassa quella massimalista. Quando una coalizione di governo si trova in tali condizioni, tirare avanti diventa un'impossibilità pratica. L'alternativa si trova sempre.

   

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