Dinanzi ad un "governo pericoloso per il Paese" la Cdl e' unita e convinta della necessita' di "un'opposizione severa". L'Unione invece implodera' presto schiacciata dalle "sue forti contraddizioni" e con nuove elezioni "ci sara' la vittoria della liberta"'. Silvio Berlusconi, che non esclude di ricorrere alla piazza per far sentire la voce dell'opposizione, arringa il popolo di Forza Italia riunito per la festa azzurra di Napoli con un'iniezione di fiducia nel futuro del centrodestra: "Non c'e' molto da dire - attacca dal palco - Basta e avanza quello che fanno loro per far capire agli italiani come sta la situazione.
A noi non resta che stare in Parlamento e fare opposizione dura". Ecco quindi la previsione dell'ex premier sulla durata della coalizione al governo: "Credo che imploderanno.
Le loro contraddizioni sono cosi' forti che ho fiducia che non arriveranno al termine della legislatura e avremo presto l' occasione di nuove elezioni, il che vorra' dire vittoria della liberta"'. "Anche i loro esperti di sondaggi - ha sottolineato Berlusconi - la settimana scorsa sono stati costretti a riconoscere la realta' che si respira nel Paese: la Casa delle Liberta' e' in testa, ha effettuato il sorpasso ed e' sopra di sei punti sulla rissosa coalizione di sinistra". Coalizione che secondo Berlusconi e' ostaggio dei partiti di matrice comunista "al punto che anche un partito come la Margherita che su alcune cose la pensa come noi e' ostaggio dei diktat della sinistra".
Di qui la necessita' di far sentire la propria voce anche ricorrendo alla piazza: "Se ci sara' necessita' - ha detto il leader della Cdl - sapremo manifestare nelle vie e nelle piazze d'Italia in modo democratico, e penso - ha concluso - che la prossima Finanziaria ci dara' modo per opporci". Nessun timore sull'unita' della Cdl e sul suo futuro: "Ci sono dialettiche in corso, ci sono state, le supereremo.
C'e' un popolo unico del centrodestra, questo grande partito delle liberta' ha gia' una sua esistenza e una sua concretezza". Chiusura sulla missione in Libano: "Voteremo si', ma abbiamo molte preoccupazioni. Sono andati - ha detto - non per difendere Israele ma Hezbollah, ciioe' il partito di Dio che, secondo loro, non va disarmato'.
Silvio Berlusconi accetta di essere testimonial di un'iniziativa per la Lega italiana per la lotta contro i tumori che l'1 dicembre a Napoli lancera' un'iniziativa sul tema della prevenzione. Lo stesso Berlusconi ha annunciato la sua presenza.
Il leader di Forza Italia ha accettato l'invito rivoltogli oggi da Adolfo Gallipoli, presidente della Lega italiana per la lotta contro i tumori, che ha ricevuto da Berlusconi la medaglia della 'Buona stella' in occasione della Festa azzurra del partito, a Napoli. "Le chiediamo - ha detto Gallipoli - di essere testimonial mediatico visto che di questo argomento lei ne sa qualcosa anche personalmente ma ha ritenuto di non trattare questa vicenda come un fatto privato". "L'1 dicembre - ha detto Berlusconi - saro' a questa manifestazione e portero' il mio contributo. La Lega per la lotta contro i tumori e' un ente benemerito per tutti noi. Tutti dovremmo farci soci. Si tratta di una malattia che puo' capitare a tutti.
Con la chirurgia, la medicina prolunghiamo sempre di piu' la nostra vita. E' fatale che si possa incorrere in una malattia di questo genere.
La prevenzione e' fondamentale, i tumori si possono debellare nel 90% se si interviene tempestivamente. Per intervenire tempestivamente bisogna sottoporsi a dei controlli". Alle istituzioni, ha concluso Berlusconi, "tocca lavorare nella direzione della salvaguardia della salute".
Le due "inchieste" pubblicate dal Corriere della Sera su Forza Italia sono indecorose e contrarie al sia pur minimo rispetto della deontologia professionale. Una serie di colloqui con alcuni dirigenti di Forza Italia, male digeriti, misti ad una paccottiglia di notizie orecchiate e raccolte senza alcun controllo, mischiate confusamente ad arte nel tempo e nello spazio.
Il tutto per accreditare l'idea di un partito di nani e di ballerine, in preda alle divisioni, ai meneggi e alle convulsioni.
Nessun partito ha mai avuto un simile trattamento da parte di uno dei maggiori quotidiani italiani, lo stesso per intenderci che alla vigilia delle elezioni invitò i propri lettori a votare per la sinistra e nello stesso tempo, in subordine, per Alleanza Nazionale o per l'Udc ma non per Forza Italia o per Berlusconi.
Oggi il tentativo dei maggiori quotidiani è quello di oscurare la presenza e le iniziative di Forza Italia o, in alternativa, di ridicolizzarle o di presentarle sotto forma di caricatura.
E ciò proprio nel momento in cui avviene il massimo sforzo di Forza Italia di aprire un confronto sulle proprie regole interne di partecipazione e di collegialità. Uno sforzo che un giornalismo serio dovrebbe cercare di seguire e di comprendere con fedeltà ai fatti anche se con pungolo critico.
Già con Gubbio era scattata la tenaglia dei grandi quotidiani: da una parte oscurare gli avvenimenti oppure ricorrere a giornalisti specializzati nella disinformazione o nella rappresentazione caricaturale di Forza Italia.
Nello stesso giorno in cui Forza Italia annuncia di avere istituito una commissione per la revisione del proprio Statuto al fine di dotarsi di una organizzazione ancora più capillare e robusta e soprattutto una vita interna più democratica e collegiale, la stampa ignora questa notizia e si accanisce nei pettegolezzi più minuti con il contorno ignobile riguardante in particolare le donne, che se riguardasse un altro partito solleverebbe le reazioni più sdegnate.
Questi articoli devono rendere consapevole l'intero corpo del partito che non è più possibile alimentare dall'interno, anche in buona fede, le polemiche che poi vengono strumentalizzate dai nostri avversari che si propongono la distruzione di Forza Italia e la sconfitta e l'abbandono di Berlusconi.
Non bisogna essere addetti ai lavori per accorgersi che ci sono almeno un paio di trappole che avversari e giornali predispongono su Berlusconi per offuscarne l'immagine e fiaccarne le ambizioni. Ostacoli sempre accompagnati dal disprezzo per Forza Italia, ex partito di plastica oggi (descritto) come coacervo di liti interne tra aspiranti eredi, capetti di provincia e un luccicante seguito di splendide fanciulle da copertina!
C'è modo di evitare queste trappole ormai scontate? Nelle uscite pubbliche del leader certamente sì, basta osservare la differenza – anche solo organizzativa e il relativo bagno di folla – negli ultimi due fine settimana: quello tra decine di migliaia di persone a Bari e l'ultimo ad Agnano.
Sui giornali la politica di Forza Italia "passa " con maggiore difficoltà e quando il leader non è disponibile a parlare in prima persona (questa è la strategia attuale scelta da Berlusconi che si è proclamato temporeggiatore con un governo che si fa male da solo fino a crollare) lo sostituiscono con inchieste "un tanto al chilo" che radunano pettegolezzi, indiscrezioni, aspirazioni di questo o quel capetto azzurro fino a descrivere un partito improbabile dove i più saggi mantengono il silenzio in attesa di capire meglio e bene dove voglia andare il Capo…
Questa pratica di delegittimazione che le ultime paginate del Corsera ben esprimono, viene accompagnata (la Repubblica) da sondaggi fantasma che danno l'Udc in crescita esponenziale ai danni di Forza Italia e persino di An!
L'operazione che dobbiamo contrastare, studiando tutte le apparizioni pubbliche del leader perché siano un successo di folla (come a Bari) o di messaggio (come fu a Vicenza dagli industriali) è di offrire ad alleati ed avversari facili argomenti di critica. C'è una scuola insidiosa tra i comunicatori della maggioranza che descrive un Berlusconi pronto a mollare il suo impegno politico all'improvviso… Ci sta provando Rutelli, che invita esplicitamente gli alleati della Casa delle Libertà a risolvere il tema di un leader che tra 5 anni non potrà ripresentarsi come candidato. E ci prova Casini, con l'intento di far perdere la pazienza a Berlusconi e all'intera classe dirigente azzurra che in questi anni di governo ha pagato prezzi altissimi proprio a questo alleato.
Insomma mentre Berlusconi prefigura l'implosione del governo e della sua maggioranza, la sinistra e il governo puntano all'implosione di Forza Italia che passa per il ridimensionamento definitivo del suo leader. Ciò che è più grave è che questa operazione la fanno cercando sponde con i nostri alleati… E allora sia Berlusconi a riaprire i giochi dentro l'attuale bipolarismo con il centro che sta faticosamente a sinistra. Perché questo passaggio, anche solo ventilato e dunque appena accennato, fa impazzire Casini, lo ridimensiona ma soprattutto fa capire al popolo della maggioranza moderata del Paese che Berlusconi è in campo per restarci.
L'inchiesta del Corriere della Sera riporta il dibattito su Forza Italia al più ovvio e banale dei clichè di questi dodici anni. Nessun approfondimento, nessuna analisi degna di questo nome ma solo un'accozzaglia di luoghi comuni, battute già note, polemiche trite e ritrite.
Chissà se, dopo dodici anni, chi scrive ancora di questi articoli ritiene di potere influenzare l'opinione pubblica e chissà se questi soggetti si sono accorti che in questi anni è nata una nuova classe dirigente e che le ultime elezioni piuttosto che dimostrare la stanchezza degli elettori hanno dimostrato l'inutilità, se non la stupidità, di certi stereotipi su Forza Italia.
Basta con questa storia del partito di plastica, dei cretinetti e delle cretinette arrivati in Parlamento senza nulla valere e nulla rappresentare se non il capriccio di Silvio Berlusconi. Obiettivamente non è così. Dopo la prima selezione della classe dirigente avvenuta nel '94 con metodi improvvisati e occasionali, è nata nei comuni, nelle province, nelle regioni, una classe dirigente venuta dal basso, legittimata dal voto popolare e dalla severa selezione delle preferenze che nulla ha da invidiare agli altri partiti.
Certo Forza Italia non è ancora un partito perfetto, ma è un partito con una fisionomia ben chiara: ha un'origine carismatica che non è venuta meno e che anzi le ultime elezioni hanno rafforzato; al contempo è un partito che vuole rafforzare il tasso di democrazia interna senza rimanere imprigionato dai ras locali.
Nel frattempo, di grazia, niente piagnistei e niente complessi di inferiorità. Del resto, nei confronti di chi si dovrebbe averli questi complessi? Verso l'evanescenza di An ormai ridotta al solo Fini ed alla somma di colonnelli con tante pretese e soli voti? Oppure nei confronti di una Udc che è priva di democrazia interna almeno quanto Forza Italia ma non ha un leader carismatico come quello di Forza Italia??
Oppure dovremmo provare invidia per quell'insalata confusa della Margherita dove si sta consumando una poderosa faida interna senza che i giornali se ne occupino? O dovremmo imitare la poderosa macchina organizzativa dei Ds che è rimasta a sette lunghezze percentuali da noi alle politiche? Teniamoci Forza Italia, non fermiamoci un attimo nel tentativo di migliorarla poichè il prodotto è davvero migliorabile, ma non facciamoci infatuare da chi ha davvero poco da insegnarci.
Questa settimana sarà cruciale per Romano Prodi e per la tenuta di governo e maggioranza. E non solo per i delicati passaggi alle Camere sulla gestione dell'affare Telecom, che rischiano di rinfocolare i malumori di Ds e Margherita, ma anche per il futuro della Finanziaria, che sarà varata venerdì prossimo dal consiglio dei ministri. Mentre da un lato, infatti, il Professore tenterà di placare le ire di Rutelli e D'Alema rispetto al metodo e al merito della bozza di piano riguardante il riassetto di Telecom, dall'altro le premesse del dibattito sulla manovra appaiono difficilmente in grado di portare la sinistra radicale su posizioni conciliabili con quelle del resto della maggioranza. A questo proposito, le avvisaglie di ciò che attende Prodi si sono viste con i documenti di protesta inviati da Verdi e Pdci sul metodo con cui il ministro dell'Economia sta procedendo per redigere il testo della Finanziaria.
I due partiti in questo momento più barricaderi hanno denunciato la "scarsa collegialità" all'interno della maggioranza e hanno quindi chiesto di convocare urgentemente un vertice prima del Consiglio dei Ministri. In questa ottica, la giornata del 28 settembre, per il premier, rischia di trasformarsi in un calvario politico, visto che sarà impegnato prima nel dibattito parlamentare su Telecom fissato alla Camera, e quindi (alle 19) nell'incontro coi capigruppo ulivisti a Montecitorio. Due passaggi a dir poco complicati, nei quali il Professore non potrà permettersi di compiere altri errori.
Anche perché la nuova tegola giunta da Bruxelles, con il via libera della Commissione europea all'operazione Autostrade-Abertis e la minaccia concreta di aprire una procedura di infrazione contro il governo italiano ha scalfito ulteriormente il prestigio già a pezzi del premier.
Intanto, Diliberto ha parlato apertamente di "libanizzazione", in riferimento all'esame della Finanziaria in Parlamento, a dimostrazione di come le forze antagoniste della maggioranza siano in fibrillazione, temendo di essere tenute ai margini della discussione prima del varo della manovra. Questa settimana, insomma, vedremo se il governo Prodi è come la Torre di Pisa che pende, che pende ma mai non va giù. Ed in questo senso è purtroppo indicativa la battuta di Casini, secondo il quale "ci sono certi rachitici che arrivano a un'età insospettata". Soprattutto se incontrano medici come lui, fautori dell'accanimento terapeutico.
Ma il Financial Times ha esortato Prodi a fare le riforme necessarie: "Meglio che il suo governo cada dopo un anno di riforme, piuttosto che resti in carica quattro anni cercando di fare tutti felici". Ma il Professore tirerà sicuramente a campare.
Nel breve volgere di un fine-settimana si è conclusa la storia della Rosa nel Pugno presentata un anno fa come la grande novità destinata a rinnovare la sinistra e a modernizzare il Paese. La riunione della direzione del partito convocata in un teatro romano dopo un periodo di pressoché assoluta incomunicabilità fra le due componenti, quella radicale e quella socialista, è terminata con un discorso di Pannella e uno di Boselli. Nella sostanza hanno concluso, malinconicamente, di non avere più niente da dirsi.
Da una parte i socialisti, figli di una sinistra che si è richiamata da sempre a un mitico movimento operaio; dall' altra parte i radicali, prodotto a loro volta di una concezione liberista dell' economia, e di un libertarismo più disinibito sul tema dei diritti civili. Ma la rottura non è avvenuta su questi temi, è avvenuta sulla natura di vivere la politica di due formazioni che su questo terreno non si sono mai fuse in un soggetto politico. I socialisti hanno accentuato il loro carattere di partito minore, ma tradizionale, che vive sul territorio, che ha nella sezione di paese e di quartiere i suoi punti di forza, nei quali ci si conta e ci si immerge nella politica. I radicali gelosi di una struttura di club, da lobby proiettata sul piano nazionale, e per di più raccolta attorno alle intuizioni del suo leader indiscusso, Marco Pannella, che assai spesso parla per tutti.
Non è un caso che la rottura sia avvenuta su una questione apparentemente proprietaria, la rivendicazione da parte di Pannella dell'uso del simbolo, la Rosa nel Pugno, che i radicali hanno sempre considerato come proprio, al punto da non volerlo utilizzare nelle confuse battaglie municipali nelle quali invece si esprime il meglio della presenza politica socialista. Un altro tema, sollevato da Pannella apparentemente solo di tipo organizzativo, ha contribuito a creare il gelo con i socialisti: la richiesta di radicare il futuro partito sul territorio in club anzichè nelle tradizionali sezioni che da Turati a Nenni a Craxi hanno segnato la storia del Psi. In una perorazione appassionata, e convincente, è toccato a Roberto Villetti difendere l'istituto sacrale della sezione nella storia socialista.
Radicali e socialisti cercheranno almeno per il momento di convivere, ciascuno per suo conto, nel timore di rivelare le rispettive debolezze. I radicali continueranno per ora a recitare attorno a Pannella la parte di figli della Ragione, ai socialisti resterà, se mai si costituirà, di giocare - con le scarse forze di cui dispongono - la carta del Partito Democratico. Per i Ds D'Alema ha già fatto sapere che un posticino anche per i socialisti c'è, ma solo dopo la loro separazione da Pannella.
L'invito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a riaprire il dibattito sull'eutanasia appare a prima vista un contributo al polverone dietro il quale si sta nascondendo Prodi prima di affrontare il Parlamento.
Infatti, la questione Rovati (che coinvolge Prodi) è diventata questione Telecom (che riguarda le Tlc) e poi questione intercettazioni illegali (che riguarda tutti).
Aggiungere a questo un dibattito sull'eutanasia sembra privare il centrodestra della possibilità di concentrare il suo attacco sul ruolo di Prodi nella vicenda Rovati-Telecom.
Tuttavia, proprio il tema dell'eutanasia spacca più la sinistra che la destra: non solo perché Bertinotti è favorevole al dibattito e Marini contrario, ma anche perché Rutelli vuole mantenere il contatto con i cattolici (insieme all'Udeur) e soprattutto il contenuto etico mette in grandi imbarazzo i Ds.
Viceversa l'intervento di Napolitano ha rassicurato i Radicali, richiamandoli a una delle loro battaglie preferite e distogliendone l'attenzione dai temi economici sui quali Capezzone stava entrando in conflitto diretto con Prodi.
Inoltre, la questione dell'eutanasia compatta il centrodestra perché su questo tema l'Udc non può prendere le distanze dagli altri partiti, anche se il fatto che resti formalmente all'interno della CdL (che peraltro Maroni considera un'esperienza chiusa e in ogni caso da rinegoziare) riduce la compattezza stessa del centrodestra.
Non è infine da trascurare il fatto che il presidente della Repubblica si sente investito del compito di interpretare il "sentimento della maggioranza degli italiani" al di là dei numeri parlamentari.
Questo aspetto viene sottolineato indirettamente da La Stampa, che riporta il risultato di un sondaggio dal quale il "no" rappresenta il 37% contro il 58% del "sì" più o meno incondizionato.