ti trovi in: Motore Azzurro » il Quaderno » il Quaderno del 20 novembre

il Quaderno del 20 novembre

Berlusconi: è la peggiore Finanziaria della storia

Agenzia Ansa del 19 novembre

La Finanziaria, nelle sue dimensioni, era "assolutamente non necessaria", e la sua entità finirà per "deprimere i consumi". Lo ha detto l'ex premier, Silvio Berlusconi, parlando con i giornalisti a Montecitorio dopo l'approvazione della Finanziaria. Berlusconi ha respinto le accuse del centrosinistra al suo governo di aver lasciato in eredità i conti pubblici in disordine, ribaltando l'accusa. Fu la Cdl, nel 2001, a trovare "un buco di 38.000 miliardi di vecchie lire".

"Questa - ha detto Berlusconi - è la peggiore Finanziaria che ho avuto modo di vedere. È stata gestita con un dilettantismo inarrivabile, in un clima da suk arabo, in cui tutti chiedevano favori nell'ambito della maggioranza, e questi favori venivano chiesti anche ricattando il governo e minacciando il non voto, e alla fine si è concluso con la fiducia, così anche i parlamentari della maggioranza che non erano d'accordo hanno dato il proprio voto, altrimenti andavano a casa. Credo che abbiamo assistito a un brutto capitolo della storia parlamentare".

"Questa Finanziaria - ha proseguito il leader di Forza Italia - ridurrà i consumi, porrà quindi un freno all'economia e, per quello che riguarda i conti pubblici non era assolutamente necessaria, perchè i conti noi li abbiamo consegnati in ordine, al contrario di come li avevamo ricevuti dai governi della sinistra".

"Vorrei ricordare - ha aggiunto Berlusconi - che noi ricevemmo i conti con un deficit che era al 3,2% e ci trovammo in più un buco di 38.000 miliardi di vecchie lire che l'Unione Europea ha testimoniato come realmente esistente. Abbiamo invece consegnato i conti in ordine con un extra-budget di entrate fiscali che sono intorno ai 30.000 miliardi di quelle lire. Quindi - ha concluso l'ex premier - con una differenza assoluta tra i conti che noi abbiamo ricevuto e quelli che abbiamo consegnato a questo governo".

"I senatori a vita meritano di essere senatori perchè hanno condotto una vita degna di premio ma non rappresentano in questo momento la volontà degli elettori proprio perchè in Senato il voto per l'opposizione è stato superiore di alcune migliaia di unità rispetto alla maggioranza".

L' accusa del ministro Chiti a Berlusconi di voler "comprare" dei senatori dell'Unione è "assolutamente infondata".

"Vorrei proprio vedere - ha osservato Berlusconi - cosa sarebbe successo se questa accusa fosse stata rivolta da noi all'allora opposizione".

"Credo che questa accusa già da sola dimostra con chi abbiamo a che fare. Se avessero prove fondate, bene, ci portassero le prove. Soltanto in questo caso potrebbero avanzare un'accusa di questo genere che è assolutamente infondata". "Se ci è anche proibito parlare con persone che sono amici e che siedono nei banchi della maggioranza per discutere pienamente con loro, e alla luce del sole, degli inconvenienti che sono prodotti al Paese da questo governo e di ascoltare le loro lagnanze, che sono tantissime, per come si trovano in questa maggioranza, allora non ci sarebbe libertà".

I cronisti hanno quindi chiesto chi sono questi "amici" con cui il centrodestra parla. Pronta la replica di Berlusconi: "e che lo vengo a dire a lei? Se lo dicessi nessuno parlerebbe più con me. Mi piacerebbe che fosse qualcuno di loro a dirlo. Ma d'altra parte - ha proseguito - sono anche manifestazioni pubbliche. Avete visto oggi in aula quanta gente non ha applaudito il discorso di Fassino, che ha fatto un comizietto, basato sulle menzogne".

Berlusconi ha tuttavia detto di sperare ancora nella caduta del governo al Senato: "nessuno di noi ha usato il termine di ‘spallata', che è più che altro giornalistico. Noi però speriamo sempre che nell'ambito dei senatori della sinistra esistano dei gentiluomini di buona volontà e di buon senso che si vergognino di restare in un'accolita di governo, in una maggioranza che è una coalizione di potere ma non politica, essendo tutti i partiti divisi tra di loro".

"La manifestazione del 2 dicembre non è stata voluta da noi, c'è stata richiesta direi dalla generalità dei nostri elettori come atto di opposizione collettiva di tanti italiani che volevano scendere in piazza per manifestare fisicamente il loro dissenso nei confronti di questo governo e del suo operato".

"Corta in questo caso". Berlusconi risponde ai cronisti di Montecitorio che gli chiedono un commento sulla necessita di ridurre la sessione di bilancio. "Se pensiamo - prosegue - che sono oltre 800 gli articoli con cui è stato fatto il maxi-emendamento e che erano più di 300 gli articoli della Finanziaria ed il Parlamento è riuscito ad esaminarle soltanto 12, io penso che effettivamente il tempo per esaminare questa Finanziaria non ci sia stato". "Che poi si voglia cambiare il modo di presentare il bilancio delle Stato - aggiunge - su questo concordo anche io".

"Siamo l'unico Paese occidentale che brucia in piazza le effigi militari dei propri soldati. Siamo l'unico Pese occidentale che ha un governo di cui sono magna parte i comunisti".

L'ex premier ribadisce che al governo ci sono due partiti che "si fregiano ancora del titolo di ‘comunista' tenendo prigionieri gli altri parlamentari della maggioranza e il governo, imponendo diktat che originano da quelli che sono i loro valori di sempre".

È una Finanziaria ridotta in macerie

La finanziaria il giorno dopo. Votata alla Camera con una maggioranza ridotta rispetto a quella della fiducia (sono mancati all'appello 20 deputati dell'Unione), la manovra è sempre più lacera. I saldi di bilancio non sono stati toccati, ma quel che resta sembra l'edificio di Arafat a Ramallah dopo i bombardamenti israeliani: intatto l'appartamento del leader palestinese, ma intorno solo macerie.

Ed in questo stato si appresta ad affrontare l'esame del Senato che, fra l'altro non ha ancora licenziato il decreto fiscale. Quindi, per una settimana, la legge finanziaria vera e propria verrà messa nel freezer, per dare il tempo ai senatori di approvare (anche questa volta con il voto di fiducia) il decreto.

A Palazzo Madama il governo dovrà concedere molto più di quanto non abbia elargito alla Camera, in materia di emendamenti alla maggioranza. Dovrà recuperare le risorse per la ricerca; dovrà correggere i tagli ai ministeri; dovrà trovare i finanziamenti per gli italiani nel mondo, così da conquistare il voto di Pallaro.

Insomma, dovrà riscrivere mezza manovra, offrendo un'immagine - se possibile - peggiore rispetto a quella data in pasto agli italiani con i 2 mila emendamenti di governo e maggioranza alla Camera. E non può fare altrimenti. L'utilità marginale, il potere d'interdizione, dei senatori è maggiore rispetto a quello dei deputati, proprio in virtù della risicatissima maggioranza. Una circostanza che obbligherà i senatori a vita, come Carlo Azeglio Ciampi, ad essere presenti non soltanto nelle votazioni dell'assemblea, ma anche in quelle di commissione Bilancio.

In altre parole, quel che ci accingiamo ad assistere sarà uno spettacolo ancora più lacerante per la maggioranza di quello visto alla Camera. Con un'aggravante: a Palazzo Madama Padoa Schioppa non potrà utilizzare i trucchetti contabili a cui è ricorso a Montecitorio.

È una Finanziaria ancora provvisoria

"Stiamo per chiedere un voto di fiducia su un provvedimento che non c'è, come l'isola di Peter Pan". Questa battuta di Mussi rende magnificamente l'idea della forte tensione con cui la maggioranza ha approvato alla Camera la legge Finanziaria. Quando il testo è stato finalmente reso pubblico, infatti, i capigruppo dell'Unione si sono resi conto che delle modifiche concordate dalla maggioranza in Parlamento e consegnate al governo, moltissime erano "inspiegabilmente saltate", come ha subito denunciato il capogruppo di Rifondazione, Migliore. Evidentemente il Tesoro aveva deciso di derubricare quelle modifiche a semplici consigli, scegliendo esclusivamente in base alle proprie esigenze di cassa e lasciando i partiti fuori dalla porta.

Tanto che il ministro Chiti ha dovuto annunciare a tamburo battente, per placare gli animi, che nel corso del passaggio al Senato ci sarà la necessità di apportare cambiamenti non certo secondari al testo della Finanziaria. La maggioranza, in effetti, attende il governo al varco a Palazzo Madama. Bisogna ‘ricucire lo strappo', e se il governo non lo farà la ferita che si è prodotta potrebbe anche non rimarginarsi - hanno sibilato ai piani alti dell'Ulivo. Un avvertimento che è mirato su Padoa Schioppa, un ministro tecnico che si sta muovendo con troppa autonomia dalle forze che sostengono la maggioranza, ma che investe direttamente anche il premier e il suo entourage.

Alla Camera questa volta il vulnus consumato dal governo ai danni del Parlamento è stato gigantesco: Prodi ha chiesto la fiducia su un maxiemendamento che ha trasformato in un articolo unico i duecento del testo originario che ancora non erano stati votati. E che ha sottoposto al voto blindato dell'assemblea un tomo di ben 300 pagine e 830 commi. E lo ha fatto dopo che la commissione Bilancio ha dovuto prenderne visione a tempo di record nell'arco di poco più di due ore. Con l'aggravante che quel testo è stato continuamente modificato anche durante la notte, quando cioè la sua versione definitiva e ufficiale era già stata depositata a Montecitorio. I motivi della questione di fiducia, insomma, vano ricercati tutti all'interno della maggioranza, e il presunto ostruzionismo del centrodestra era e resta solo uno specchietto per le allodole.

La fiducia su uno o più maxiemendamenti non è certo una novità, ma una novità piuttosto sconcertante è stata, stavolta, la mancanza di un esame e di una votazione completa del provvedimento in Commissione Bilancio. Come pure la serie continua di modifiche al proprio testo che l'esecutivo a introdotto a ciclo continuo mentre già si votava in assemblea.

Al Senato si replica. E non sarà sicuramente un bello spettacolo.

È un governo bocciato dagli italiani

L'Italia si sveglia, con responsabilità e chiarezza prende coscienza del gravissimo pericolo rappresentato da un governo dominato dalla sinistra estrema e boccia, senza appello, il Professore e il suo esecutivo. I sondaggi si susseguono e tracciano un grafico continuo che punta irrimediabilmente in basso. L'ultima indagine demoscopica, effettuata venerdì 17 novembre da Unicab per "La7", conferma che c'è un contrasto insanabile fra l'arrogante ostentazione di sicurezza di Romano Prodi e la reale valutazione che gli italiani danno del premier dimezzato e del suo rissoso esecutivo.

Lorsignori ritengono che i cittadini di questo Paese possano essere facilmente condizionati con le menzogne e la propaganda, in realtà gli italiani hanno elaborato un giudizio netto che tiene conto di tutto l'operato del governo: dalla finanziaria disastrosa e rapace al disinteresse per i problemi della sicurezza, dalla liberalizzazione di fatto della marijuana e derivati ai proclami improntai alla vendetta ideologica e sociale che la sinistra massimalista lancia giorno dopo giorno.

Se si votasse domani

Bocciatura netta, dicevamo. Se si andasse alle urne domani la Casa delle Libertà prenderebbe il 57,3 per cento dei voti, mentre l'Unione avrebbe il 41,6 dei consensi. Uno scarto di ben 16 punti, del quale Prodi è ben consapevole: non a caso, quando tenta di richiamare all'ordine gli alleati che gli remano contro evoca la disfatta e il "tutti a casa". Con il conseguente ritorno alle urne.

Il netto vantaggio del centrodestra è confermato dai dati sui singoli partiti. Sempre se si votasse domani, Forza Italia confermerebbe il suo primato col 28,1 per cento; An il 14; l'Udc il 7,6, la Lega il 5. Stritolata l'Unione: all'Ulivo, l'aspirante partitone di Ds e Margherita, toccherebbe il secondo posto con un deludente 26,4 per cento; a Rifondazione comunista il 4,9; il 2,3 alla Rosa nel pugno; 2 ai Verdi; 1,9 al Pdci; 1,7 all'Idv di Di Pietro; 1,1 all'Udeur di Mastella.

Una pagella piena di 4

L'intenzione di voto dei cittadini compresi nel "campione" utilizzato da Unicab è il risultato di un'analisti critica dell'operato del governo. Agli intervistati è stato chiesto di dare un voto da uno a 10. In nessuna materia l'esecutivo del Professore ha avuto la sufficienza: il voto più alto, un mediocre 5,2, è stato assegnato alla politica estera. Per la politica della sicurezza 4,4; 3,9 per la giustizia; 4,2 al fisco.

Questi dati si riferiscono al complesso del campione: in totale, i voti positivi per il governo, cioè, superiori al 6 sia pure di un decimale, sono stati il 37 per cento, mentre quelli negativi sono stati il 60,8 per cento.

Un esercito di delusi e pentiti

Gli intervistatori hanno poi scorporato, nel campione, coloro che hanno dichiarato di avere votato per il centrosinistra. Questi ultimi assegnano voti mediamente più alti all'operato del governo, ma nemmeno loro se la sono sentita di dare un solo 7.

Nessun orgoglio, anzi. Ma quel che più conta è che il 27,5 per cento degli intervistati che hanno dichiarato di avere votato per l'Unione ha dato delle insufficienze al governo. È l'ulteriore prova che nell'Unione cresce l'esercito dei delusi e dei pentiti.

Una protesta corale

Il sondaggio nel suo complesso spiega anche perché richieste di una grande manifestazione pubblica contro la "peggiore finanziaria dell'era repubblicana" siano venute anche da cittadini che nell'aprile avevano scelto l'Unione. L'Italia si sta svegliando, vede il baratro in cui potrebbe farla finire questo governo: la presa di coscienza supera i tradizionali criteri di appartenenza politica e tende a diventare una protesta corale.

Slogan su Nassiriya: da Prodi condanna tardiva

Se un manipolo di delinquenti dei Centri sociali inneggia alla strage di Nassiriya, dà alle fiamme un fantoccio con la divisa italiana, manifesta affettuosa vicinanza alla bandiera italiana "solo se serve a coprire una bara"; se, soprattutto, a questa indecente e rivoltante manifestazione partecipa in prima fila il segretario di un partito di governo, in un Paese normale e civile ci si attende che la prima voce a levarsi forte e chiara sul coro delle condanne sia proprio quella del capo del Governo.

Un premier degno di questo nome avrebbe parlato un minuto dopo aver letto le prime notizie battute dalle agenzie di stampa. Un premier consapevole dei propri doveri non avrebbe aspettato la mattina dopo per condannare l'episodio e manifestare solidarietà agli italiani caduti per la pace, ai loro familiari, alle Forze Armate, agli italiani tutti.

Ma Prodi non é un premier normale. È soprattutto un calcolatore. In silenzio, ha atteso che la polemica invadesse i giornali, che si scatenasse la bagarre. Soltanto domenica mattina, con sovrano sprezzo del pericolo, ottenuta la confortevole copertura politica delle parole di condanna dei suoi alleati contro Diliberto, ha ritenuto utile, più che doveroso, aprire bocca.

Sulla manifestazione in sé solo poche e banali parole ("un gravissimo gesto di irresponsabilità"). Più deciso nei confronti di Diliberto, invitato a "non giocare con la piazza". Dalle sue dichiarazioni emerge così il vero Prodi, solo e sempre preoccupato di preservare i suoi equilibri politici. Quegli slogan su Nassiriya si erano sentiti altre volte, quando a sfilare "per la pace" c'era tutta la sinistra di governo. Ma stavolta Diliberto era solo e, soprattutto, c'era da dare una mano a Rifondazione, nel cui elettorato i Comunisti italiani vanno a pesca di adesioni. Da Prodi mano tesa a Bertinotti, il fedele alleato. Prodi, un premier piccolo piccolo.

Dal Tg1 di Riotta errori e faziosità

Il Tg1 di Giovanni Riotta ricorre sempre più spesso al marchingegno di una fintamente popolaresca scaletta per relegare in terzo o quarto piano notizie sgradite al governo.

Ma quanto si è visto sabato sulla corazzata della Rai, a proposito della manifestazione di Roma e delle divise militari italiane bruciate in piazza, è andato al di là di ogni regola giornalistica.

L'evento del giorno, per Gianni Riotta, era il matrimonio di Tom Cruise, con il quale ha aperto il Tg1. A seguire due servizi sulla Finanziaria, poi uno sulla convention dell'Udc a Napoli e un altro sulla Democrazia Cristiana.

Sesto servizio sulla manifestazione di Roma, sugli insulti ai caduti di Nassiriya e sui fantocci bruciati davanti al monumento al milite ignoto.

Nella stessa serata non c'è stata nessuna emittente televisiva ad eccezione del Tg1 che non abbia aperto con questi fatti. Domenica non c'è stato nessun quotidiano che non abbia aperto con foto e notizie su quanto accaduto a Roma. La scelta di Riotta di dare il primo titolo al matrimonio di Tom Cruise pertanto oltre ad essere un clamoroso errore giornalistico è un'offesa all'intelligenza di milioni di italiani, come hanno tempestivamente sottolineato numerosi esponenti di Forza Italia.

Ma poiché alla disinformazione della Rai non c'è più alcun limite, domenica ci ha pensato Rai Tre ad ospitare, nella trasmissione di Lucia Annunziata, uno dei cocchieri del giornalismo fazioso della sinistra. Enrico Deaglio ha potuto rifilare a qualche milione di telespettatori la sua "patacca": il dvd nel quale il governo Berlusconi viene accusato di brogli elettorali. Un falso, un'invenzione, nulla che sia suffragato da prove. Eppure è andato avanti per mezz'ora il suo spot editoriale-commerciale, senza che vi fosse contraddittorio.

Con un governo alle corde per le scelte della finanziaria e in crollo di consensi, il gioco è abbastanza scoperto: spostare l'attenzione degli italiani dalle tasse e dai problemi di Prodi e della maggioranza, agitando ancora una volta il "mostro" Berlusconi. E' stato l'unico collante che li ha tenuti insieme in campagna elettorale, tanto vale riprovarci. Con la più grave e abietta delle accuse: aver tentato (per di più senza riuscirci) di truccare il voto degli italiani. Ripetiamo: quella di Deaglio è una tesi calunniosa e assurda e per di più senza uno straccio di prova.

Bonaiuti: da RaiTre un regalo a Padoa Schioppa

Agenzia di stampa Adnkronos del 20 novembre, h. 12,19

"Uno spazio molto ampio e bello comodo in prima serata, di domenica, per difendere la finanziaria, il giorno stesso in cui è stata approvata dalla Camera prima di iniziare la navigazione tra gli scogli del Senato. Quale migliore regalo poteva essere fatto al ministro Padoa Schioppa?".

Così l'onorevole Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi e vice presidente della commissione di Vigilanza Rai, commenta la presenza del ministro dell'Economia alla trasmissione ‘Che tempo che fa'.

"Seduto tranquillamente nel salotto di Fabio Fazio, senza il minimo contraddittorio, perchè quello si doveva richiedere a gran voce soltanto nella tv prima di Prodi, il ministro dell'Economia - sottolinea Bonaiuti - ha potuto a suo agio farsi un bello spottone, che fa il paio con quello offerto al dvd di Deaglio e Cremagnani nel pomeriggio sulla stessa rete".

"Complimenti ancora, complimenti davvero al presidente e al direttore generale della Rai, che sono venuti in commissione di Vigilanza a magnificare il pluralismo e i nuovi modi d'informazione su tutte le reti Rai".

La Repubblica/"Voleva stupirci, c'è riuscito"

Da "La Repubblica" di lunedì 20 novembre, rubrica "Bonsai", a firma Sebastiano Messina

La soddisfazione del presidente del Consiglio per l'approvazione della Finanziaria alla Camera arriva nel giorno in cui, secondo un sondaggio Unicab, il centrosinistra viene quotato al 42 per cento, contro il 57 del centrodestra. Ma Prodi aveva messo nel conto critiche, proteste e delusione. «Se la Finanziaria è seria - aveva detto - deve scontentare tutti. Sono scontenti tutti, quindi va bene, va bene, va bene». Coraggiosa quanto singolare teoria, confermata anche sabato, quando ha definito «meraviglioso» il fatto che la manovra «sia criticata da tutti, da destra e da sinistra».

È la prima volta che un capo di governo individua nel malcontento provocato dai suoi provvedimenti la misura del proprio successo.

Finora eravamo abituati a presidenti del Consiglio che - forse ingenuamente - cercavano l'opposto: il consenso. Non so quale astutissimo piano preveda come inizio della sua riuscita lo scontento che suscita. Però i fatti stanno dando ragione a Prodi.

Anzi, se i sondaggi dicono la verità, la realtà sta superando le sue più rosee previsioni. Aveva promesso: «Vi stupiremo».

Ammettiamolo: c'è riuscito.

   

« numero precedente