peter patti

La Città dell'Alfabeto   (Web version)

- Q -

Quando il nero davanti ai miei occhi si dissipò e fui nuovamente in grado di muovermi, vidi che tutt’intorno era buio. Non un buio-notte: mi trovavo (con i gomiti scorticati) dentro una caverna gocciolante e non riuscivo a distinguere più in là di una decina di metri. Laggiù, in fondo, un’ombra più scura: qualcuno che se ne stava accucciato e si lamentava piano. Nessun dubbio: mi trovavo in quelle che dovevano essere le famigerate segrete della Città dell’Alfabeto. Ma era altresì probabile che ci avessero semplicemente buttati nelle comuni fogne a crepare... Vida es sueño, ma che fare quando siamo allucinatamente svegli?

Tra dolori atroci, sorretto unicamente dalla volontà di apprendere il destino che mi attendeva, vacillai nell’aria intanfita verso l’uomo che si lamentava. Gli diedi una scossa e lui trasalì, fece un mezzo balzo e lanciò un urlo. Ci impiegò parecchio a calmarsi, e io, osservandolo, capii di non avere a che fare con un lestofante qualsiasi, con un contemporaneo truce e grossolano. Nonostante la rovina fisica, infatti, il tizio aveva conservato un’aria vagamente professorale. Chi era? Un intellettuale caduto in disgrazia?

Finalmente si calmò. Poi mi mise a fuoco e, afferrandomi una spalla, la strinse con tenerezza. Questo gesto servì a tranquillizzare anche me. «Mi chiamo Callisto» si presentò. «E tu?»

Glielo dissi.

Come segno di riconoscenza, mi offrì del Rusky. Mentre ne masticava anche lui, lo sentii riprendere a mugolare. Lo supplicai: «Smettila di lamentarti».

Callisto rise. Rise in italiano. Fu una risata, anzi un verso animalesco che mi fece venire la pelle d’oca.

Un uomo? No: un protoplasma indefinibile. Cancro o Aids: le antiche pesti. Sciammannato e distratto com’era, anche all’epoca delle casse malattie aveva permesso ai suoi denti di vagabondargli nella bocca. Ora gli toccava masticare il cibo all’interno dello stomaco. Un rottame umano. Ma non era l'unico, purtroppo.

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