FANTASCIENZA ON LINE

  peter patti

La Città dell'Alfabeto   (Web version)


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«Laudate Dominum omnes gentes...»

Inizialmente trovai rifugio presso un prete cattolico. Se mi aspettavo di ricevere da lui una qualche consolazione, non potevo rivolgermi a indirizzo meno idoneo. Quel bizzarro Don Camillo era in possesso di un modem-fono cellulare che, a sentir parlare lui, gli serviva per tenersi in collegamento diretto con Dio. Il prelato era a dir poco un tipo da scorregge secche. Per dimostrarmi l’agevolezza con cui sollevava pesi («È la fede a darmi la forza!»), scalzò diverse pietre dal muro della sagrestia. Poi pretese che io le rimettessi a posto, e, poiché mi rifiutai di farlo, cercò di suonarmele con l’aspersorio mutato in mazzapicchio.

Il mio futuro non è di questo mondo. Lo fu forse il mio passato?

Per due annetti rimasi presso un gruppo di ragazzi girovaghi che, bravamente, nel loro Circo Immaginario (un tendone variegato) mostravano pellicole un tempo celebri agli ultimi cinemanti superstiti. Il gruppo si sciolse quando morì uno di loro, sgozzato da un brigante che si era infatuato dei bubboli della sua zingaresca collana-portafortuna. E questa fu anche la fine dell’ultimissimo cinematografo di cui si abbia notizia.

Oggi dimoro in un vano sotterraneo situato proprio sotto il palazzo del regime. L’umido della grotta fognaria accentua la mia annosità. Con me ho un notebook, in cui ho scritto la storia che avete appena letto. E state certi che, fosse stato l’inverno un po’ più freddo, non sarei arrivato a finire il mio resoconto.

I buchi del naso chiusi come con ragnatele, occasionalmente lancio messaggi verso la superficie. È così: cavalco clandestinamente il fiume elettronico, faccio la crociera via e-mail su questo tratto ad alta velocità. Ma ben poche voci mi raggiungono qua sotto, e molte meno sono quelle in grado di infondermi una qualche speranza. Cambierà mai? E, se cambia, che fare perché non sorga una nuova Alphabet City?

Una volta il mondo era un insieme di pochi, solidi insiemi. Poi la bussola si mise a girare impazzita, le singole unità vennero scaraventate tutt’attorno e formarono uno sconnesso mosaico di brandelli e cocci incompatibili tra di loro, una matassa in cui ci si smarrisce invariabilmente. Nessun schema da seguire, la perdizione come status effettivo. E al centro di tutto l’Impastatrice, elevata oramai a ruolo di madre irreprensibile, caritativa nella sua azione distruttiva; l’enorme bocca un buco nero.

 
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