FANTASCIENZA ON LINE

  peter patti

La Città dell'Alfabeto   (Web version)


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La botta risultò quasi fatale. L’ultima immagine cosciente fu quella della carcassa dilaniata del supercalcolatore, che ora assomigliava a un altare ornato di bastoncini d’incenso e ceri accesi. Quindi mi ritrovai al cospetto di Margot, che, nuda, assaporava sciampagna mentre, poco distante, suo marito e suo figlio spellavano viva Fiordaliso. Strillai: «Razzisti vomitt! Schiff!» Ma le importava assai. Tranquillamente, la signora Duchessa studiava il menú del giorno... «Che cosa vogliamo ordinare quest’oggi?» mi chiedeva allegramente. E io a boccheggiare impotente. Nemesi! Sì, Nemesi è ben desta, vede tutto e tutto sa...

Tornai in me. Per prima cosa cercai il mio corpo. Il mio corpo c’era, era presente. Ma insieme al mio corpo era presente una fitta grave, ottusa, appena dietro, o sotto, la sede della ragione. Avevo avuto fortuna a non frantumarmi la calotta cervicale. Sollevai le palpebre. A distanza focale si apriva un semicerchio di facce laide. Qualcuno mi portò alle labbra una coppa d’acqua fresca. Mani compassionevoli mi si posarono addosso. Mi parve che stessero augurandomi: «Bentornato!»

Per farla breve, mi trovavo tra i ribelli. Mi avevano raccolto in articulo mortis e trasportato al loro quartiere generale. Mi ritenevano un eroe, probabilmente. Riuscii a reggermi in piedi e ad appressarmi alla finestra. Era giorno fatto; i pungenti raggi solari mi fecero richiudere gli occhi, e per qualche minuto fui come cieco. Ci trovavamo in un edificio di uno dei viali centrali: la nuova sede governativa. Sul davanti si allargava una piazzuola dechirichiana, insolitamente vuota e insolitamente linda. Diverse pattuglie marciavano in su e in giù, marzialmente.

Pranzai con i nuovi padroni della Città dell’Alfabeto, che blateravano in gerghi di ignoranza mentre a capotavola un professor Callisto vistosamente soddisfatto e in ottima salute ci impartiva la sua benedizione. Ad un certo punto il vecchio piegò il busto verso di me e mi chiese: «E ora che abbiamo il potere che ce ne facciamo, caro il mio Ciambellano?»

 
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