Tasso i ricchi per dare ai poveri: la sindrome Robin Hood assale i Ds. E' loro l'emendamento che introduce un'aliquota Irpef al 45% per i redditi sopra i 150 mila euro. L'obbiettivo è quello di introdurre maggiori detrazioni fiscali per i pensionati sopra i 75 anni.
Impresa nobile, se non fosse per alcuni particolari.
Il primo: sono100 mila gli italiani che dichiarano redditi sopra i 150 mila euro, a fronte di oltre 20 milioni di contribuenti.
Il secondo: gli sconti fiscali, sotto
forma di detrazioni, concessi agli "Over 75" sono minimi. I pensionati che "guadagneranno" di più dall'iniziativa sono quelli con 8 mila euro di reddito annuo (appena sopra la pensione minima). Per loro, i Ds (è loro l'emendamento alla finanziaria) hanno studiato una detrazione di 146 euro. All'anno. Tradotto, 12 euro al mese.
Qualcosa come 40 centesimi al giorno.
Con 40 centesimi di euro non si compra nemmeno mezzo litro di latte.
In altre parole, un'elemosina. Anche perché se il pensionato in questione è più "ricco", le detrazioni scendono. A 15 mila euro di reddito lo sconto fiscale sarebbe di 87 euro all'anno, circa 7 euro al mese.
La maggioranza è stata battuta al Senato sulle pregiudiziali alla conversione in legge del decreto sugli "interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali". I voti dell'opposizione - favorevoli - sono stati 151 contro quelli della maggioranza che sono stati 147.
Una volta approvate le pregiudiziali proposte dal centrodestra la discussione del provvedimento è stata annullata e il decreto decaduto.
"Prodi e Visco incitano gli italiani a comportarsi come i capi-caseggiato della Russia sovietica dove i cittadini erano obbligati a denunciare i vicini e perfino i propri parenti". Lo afferma Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, commentando la manovra finanziaria. "A chi non farà la spia il fisco infliggerà una multa salata, oltre 2.000 euro", sottolinea Bonaiuti in una nota, aggiungendo: "Complimenti a questa maggioranza che vuole mettere tutti e tutto sotto controllo fiscale!".
La rete di controllo fiscale si arricchisce, giorno dopo giorno, di una vera e propria raffica di circolari dell'Agenzia delle Entrate, che allargano a dismisura la sfera del potere inquisitorio da parte del Fisco.
Il Grande Fratello fiscale passa per la battaglia contro l'uso del denaro contante, non solo per società e professionisti, ma anche per il normale cittadino. Di questo passo la Zecca potrebbe anche chiudere o limitarsi a coniare solo monetine.
L'accordo su previdenza integrativa e Tfr siglato da governo, Confindustria e sindacati, ha allontanato lo spettro di una drammatica crisi nei rapporti con le parti sociali che aleggiava da alcune settimane sull'esecutivo e ha consentito al premier di rompere l'accerchiamento politico. E' un accordo firmato dagli industriali "con la pistola puntata alla tempia", ma si tratta pur sempre di un punto a favore del governo. E i "poteri forti" più vicini al Professore ne hanno subito approfittato per stendere un cordone sanitario nel tentativo di neutralizzare il tiro incrociato che si era alzato su Palazzo Chigi anche da parte di settori cruciali della maggioranza (vedi Ds e Margherita). Bazoli, il banchiere di tante operazioni prodiane, ha tuonato prima da Firenze e poi, stamani, sulle pagine del quotidiano di Scalfari, che non è più tempo di "riserve della Repubblica", che non è realistico pensare a governi tecnici guidati da Montezemolo, da Dini o da Draghi e neppure da lui stesso, al quale pure nel 2001 l'Ulivo aveva chiesto di scendere in campo contro Berlusconi.
Insomma: non esistono alternative a Prodi. Se cade lui, il ricorso immediato alle urne diventerà inevitabile, con tutte le prevedibili conseguenze sui destini del centrosinistra.
Una virata di non poco conto, se si pensa alle numerose e argomentate accuse riservate ultimamente da "La Repubblica" al governo e alla legge Finanziaria. Sempre stamani, poi, è arrivato il significativo controcanto de "l'Unità" che ha paragonato Prodi e Padoa Schioppa addirittura a Sacco e Vanzetti. E anche il "Corriere della Sera", con Salvati, è sembrato togliere il piede dall'acceleratore delle critiche, individuando la volontà di riformare le pensioni come un coraggioso passo nella direzione riformista da parte del premier. C'è dunque aria di tregua? Traspare in qualche modo il tentativo di fare quadrato nel delicato passaggio della manovra in Parlamento – magari migliorandola, per quanto sarà possibile - e per traghettare Prodi senza ulteriori danni al 2007.
Ma il rilancio del Professore sulle pensioni, con l'indicazione di fine marzo come scadenza entro la quale riformare l'attuale sistema, va considerata come la mossa disperata di un premier stretto da una parte tra le sollecitazioni della Commissione europea e le esortazioni di Ds e Margherita ad aprire la "fase due" e, dall'altra, tra i "niet" di sinistra radicale e sindacati. Prodi sta cercando di riappropriarsi dell'iniziativa politica a discapito dei leader di Ds e Dl, e di fissare lui l'agenda politica dei prossimi mesi. Un'operazione coraggiosa ma anche molto rischiosa, perché l'ala massimalista dell'Unione è già irritata per il cedimento alle pressioni di Confindustria sul Tfr e farà sicuramente valere il programma dell'Unione per mettere in guardia da giri di vite sulle pensioni. Secondo il Pdci, ad esempio, l'unico intervento possibile consisterebbe nell'abolizione dello "scalone" introdotto dalla riforma Maroni. Insomma, il crinale di Prodi appare ancora molto scosceso, nonostante i paracadute aperti da Bazoli e dai giornali vicini alla sinistra. Anche perché la convergenza bipartisan delle maggiori forze politiche sulla riforma della legge elettorale è una nuova mina posta sotto la maggioranza, visto che i cespugli dell'Unione la leggono come un tentativo di emarginarli dal gioco politico.
Un'inchiesta condotta dall'Isae (Istituto di Studi e Analisi Economica) rivela che la fiducia dei consumatori ad ottobre scende a 108,6 con un calo di 1,5 punti rispetto ai valori elevati toccati nel mese di settembre (quando l'indice era pari a 110,1).
Calano sia le opinioni sul quadro economico generale, con il relativo indice che scende da 100,1 a 97, sia quella sulla situazione personale degli intervistati (da 115,6 a 113). Anche le opinioni sul quadro corrente peggiorano leggermente: l'indicatore passa da 113,1 a 112,2; emergono però maggiori preoccupazioni per quanto riguarda le prospettive a breve termine.
L'andamento negativo registrato ad ottobre è attribuibile principalmente al deterioramento di giudizi e aspettative sulla situazione generale del Paese e, soprattutto, ad un forte calo dei giudizi sulle attuali possibilità di effettuare risparmi.
Secondo l'inchiesta la fiducia dei consumatori cala in tutta Italia, registrando una diminuzione relativamente più intensa nelle regioni del Mezzogiorno.
Il calo di quasi tre punti dell'indice relativo al quadro economico del paese è dovuto anche al deteriorarsi di giudizi e attese sulla situazione economica, in presenza di una sostanziale stabilizzazione delle aspettative di disoccupazione.
Si ridimensionano giudizi e attese sulla situazione economica del Paese, che passano, rispettivamente, da -65 a -73 e da -11 a -21, mantenendosi comunque al di sopra dei valori dello scorso agosto. Anche le indicazioni sulla situazione personale degli intervistati sono in peggioramento rispetto allo scorso mese.
Il maggior pessimismo circa la possibilità per le famiglie di risparmiare nei prossimi mesi deriva da una maggiore difficoltà a ''quadrare'' il bilancio familiare.
Il saldo relativo a questa variabile scende infatti da 9 a 7.
I consumatori sono più pessimisti rispetto allo scorso mese anche per quanto riguarda la situazione economica della famiglia.
Da una parte c'è il partito dello sviluppo, rappresentato da Berlusconi, dall'altra quello delle tasse, che sta calpestando l'Italia. Il punto centrale dell'ultima campagna elettorale è stato, non a caso, il "contratto fiscale": ora gli italiani hanno capito che quel contratto i nostri avversari intendono usarlo come un cappio al collo del Paese.
La sinistra ha cercato fino all'ultimo di nascondere il proprio modello di tassazione punitiva contro il ceto medio, contro l'Italia che produce. Ma alla fine ha gettato la maschera dietro la spinta dei veri padroni dell'Unione, e cioè i partiti comunisti che si rifanno alla dottrina morale classica della sinistra, quella per cui la proprietà è un nemico sociale e serve solo per essere tassata, persino "causa mortis". Il vizio della sinistra è sempre stato quello di aumentare le tasse soprattutto per finanziare il proprio consenso, per estendere le proprie clientele, per "dirigere" il mercato e farlo sottostare ai propri interessi.
C'è veramente ben poco da interpretare: il centrosinistra prevede una redistribuzione fiscale che porterà all'aumento di tassazione dei patrimoni, intesi come case, titoli e risparmi, e del lavoro autonomo in tutte le sue componenti: commercianti, artigiani, liberi professionisti. Se pensiamo che l'81% degli italiani è proprietario di una casa, ad essere colpito non sarà soltanto il ceto medio, ma anche quello medio-basso. Altro che grandi patrimoni!
E ora anche molti di coloro che hanno votato per Prodi si staranno accorgendo che questo non era uno slogan elettorale, perché la sinistra ha fatto del fisco la propria ragione sociale.
"Auguri Diliberia". Così oggi "La Rinascita della sinistra", il quotidiano dei Comunisti italiani celebra i cinquant'anni di Oliviero Diliberto, equiparandolo ad uno dei più sanguinosi assassini della storia sovietica.
Nei giorni scorsi il segretario del Pdci aveva candidamente spiegato che tra una serata a villa "La Certosa" e una serata al Billionaire avrebbe preferito quest'ultima ma sarebbe andato nel locale di Briatore «imbottito di tritolo». Una frase aberrante che la dice lunga sull'intolleranza di Diliberto, caduta nel vuoto, con la sola Forza Italia a ribellarsi.
Intanto, Diliberto andava fiero della sua battuta. Perché è il suo stile, perché Diliberto è proprio così e, guarda caso, celebrandolo "Rinascita" lo descrive alla perfezione.
Con il soprannome "Beria" (non usato certo per la prima volta nei confronti del segretario dei Comunisti italiani) i suoi colleghi di partito equiparano Diliberto al sanguinoso assassino stalinista.
E nessuno se ne scandalizza, nessuno dice una parola, l'interessato addirittura si coccola quel nomignolo.
Particolare non da poco: Diliberto fa parte della maggioranza parlamentare, suoi colleghi di partito fanno parte del governo. Un governo che non ha il minimo pudore e schiera fra i suoi esponenti entusiasti estimatori di Fidel Castro e chi erige a modello un assassino, responsabile in Unione Sovietica della morte di decine di migliaia di persone.