"Non ho nessuna intenzione di venire meno alle responsabilità che mi hanno affidato gli elettori: nessun progetto di abbandono".
Così Silvio Berlusconi, raggiunto telefonicamente dall'Ansa, smentisce quanto gli viene attribuito oggi dal quotidiano Libero in una sorta di conversazione-intervista.
Berlusconi chiarisce quindi che si è limitato a dare la sua disponibilità ad un governo di larghe intese, senza porre condizioni personali.
"Ho soltanto ribadito ancora una volta - afferma infatti l'ex premier - ciò che avevo affermato in precedenza, più volte e pubblicamente: non c'è nessuna mia pretesa di far parte di un eventuale governo di grande coalizione, tanto meno come presidente del Consiglio".
Dopo aver smentito altri particolari di quanto gli viene attribuito da Libero ("Non ho mai detto di aver scritto una mia biografia - precisa ad esempio - semplicemente perchè non l'ho mai scritta"), Berlusconi puntualizza: "E per finire, sono gli uomini della sinistra che, stanchi ormai di Prodi e convinti della necessità di porre fine al suo governo, si stanno interrogando su chi debba assumersi la responsabilità di farlo cadere".
"Non ho nessuna intenzione di venire meno alle responsabilità che mi hanno affidato gli elettori: nessun progetto di abbandono".
Lo afferma in una nota il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, riferendosi all'articolo pubblicato oggi dal quotidiano Libero.
"Ho soltanto ribadito ancora una volta ciò che avevo affermato in precedenza, più volte e pubblicamente: non c'è nessuna mia pretesa di far parte di un eventuale governo di grande coalizione, tanto meno come presidente del Consiglio. Non ho mai detto - aggiunge l'ex premier - di aver scritto una mia biografia semplicemente perchè non l'ho mai scritta".
"E per finire sono gli uomini della sinistra che, stanchi ormai di Prodi e convinti della necessità di porre fine al suo governo, si stanno interrogando su chi debba assumersi la responsabilità di farlo cadere".
"Semplici panzane, cose che non stanno né in cielo né in terra". Paolo Bonaiuti, intervistato dal Giornale radio Rai, torna a smentire le frasi attribuite da Libero a Silvio Berlusconi circa una sua volontà di non tornare ad essere premier.
"Non ha nessuna intenzione di lasciare - ribadisce il portavoce del Cavaliere - non ha nessun progetto di abbandono. Non c'è stata nessuna intervista a nessun giornalista. Probabilmente si tratta di frasi orecchiate durante un'occasione conviviale, credo per la presentazione di un libro. Frasi o scherzose, o sentite a metà, o mal riportate. È evidente che questo non è il suo pensiero".
Piuttosto è l'Unione che ha un problema di leader: "Il problema della leadership del centrosinistra - spiega Bonaiuti - e qui torniamo alle dichiarazioni di Berlusconi, è che si stanno interrogando su chi deve assumersi la responsabilità di far cadere Prodi, perché tutti quanti a sinistra sono stanchi ormai di questo governo". Infine l'ipotesi di un governo di larghe intese nel caso dovesse cadere l'attuale esecutivo: "Due giorni dopo le elezioni - afferma il portavoce dell'ex premier - Berlusconi l'ha fornita come soluzione di assoluto buon senso".
"Senza parlare di grande coalizione, ha detto sediamoci tutti quanti attorno ad un tavolo per cercare di trovare il modo giusto di governare due anni, due anni e mezzo, quello che è il periodo necessario, un Paese spaccato a metà, in maniera tale di ritornare a votare".
La smentita di Bonaiuti sulla vicenda del killer è inevitabile, giusta ed ineccepibile. Per evitare finti moralismi, comunque è meglio precisare che quando si parla di un qualcuno necessario alla caduta di un governo si fa riferimento ad una esperienza storicamente provata, almeno dal ‘94 in poi.
Il primo governo Berlusconi cadde per mano di Scalfaro e Bossi; il governo Dini si esaurì con la fine della legislatura; il governo Prodi fu stroncato dal complotto D'Alema-Marini; il primo governo D'Alema cadde per mano di Bertinotti; il D'Alema bis cadde poiché si dimise lo stesso d'Alema che pativa il complesso dell'essere stato colui che aveva disarcionato Prodi, e quindi il complesso della mancata legittimazione popolare; il governo Amato finì con la fine della legislatura; il governo Berlusconi nato dalle elezioni del 2001 ha avuto la necessità di un Berlusconi bis a seguito dell'azione pervicace di cecchinaggio di qualche vecchio alleato.
Ora tocca di nuovo a Prodi e la storia non cambia: se non c'è uno che lo fa cadere, non è facile che cada. In pratica: i governi al tempo del bipolarismo, di regola muniti dunque di legittimazione popolare, cadono se c'è qualcuno che li fa cadere.
Se durante il passaggio al Senato della Finanziaria vi è qualche componente della maggioranza o un leader di qualche minigruppo che si rende conto dei danni che questo governo fa patire ai partiti della coalizione, è possibile che il governo cada. Occorre però che si tratti di un soggetto personalmente robusto, politicamente apprezzato e capace di reggere l'urto violento di una polemica che gli sarà scatenata addosso quei di benpensanti dimentichi delle vicende delle scorse legislature.
Ecco perché a tanti è venuto in mente Dini, uomo navigato, rotto a tutte le esperienze e che da queste vicende c'è già passato. Molti altri sarebbero pronti al "dopo" (a cominciare da Mastella passando per Marini e finendo con D'Alema). Ma il "dopo" vuole qualcuno che confermi che la legislatura non finisce con la caduta del governo Prodi e che è possibile sostituire l'attuale con un governo capace di durare almeno un paio di anni e di traghettare il quadro politico di oggi verso una destinazione ignota, che va immaginata. Il vero limite perché ciò accada è che è davvero troppo presto, soli sei mesi di governo sono davvero pochi.
Ecco perché è necessario schierare in campo una squadra di "preparatori del dopo" che lavorino il terreno e costruiscano le condizioni adatte affinché qualcuno stacchi la spina a Prodi. Cosa che, se non adesso magari un po' più in là, certamente avverrà.
Gli elettori di Forza Italia, e più in generale i cittadini delusi da questo governo, chiedono ogni giorno a gran voce: "quando fate cadere il governo?".
Il profondo malcontento che esiste nel Paese, diffuso a destra come a sinistra, non si dà ragione della permanenza di questo governo, uno dei peggiori, se non il peggiore, nella storia della nostra Repubblica.
I cittadini che hanno deciso di prendere parte alla manifestazione del 2 dicembre, in genere persone per le quali andare in piazza e sobbarcarsi un lungo e faticoso viaggio equivale ad una scelta dolorosa anche se consapevole, lo fanno per dare una scossa al Paese, per marcare il fossato che divide il governo dall'opinione pubblica.
Magari sanno che la manifestazione, anche se imponente, non basterà a dare la "spallata" al governo, tuttavia vogliono poter credere che servirà a qualcosa, che potrà dare uno scossone a un quadro politico confuso e disastroso per il Paese.
Chi viene a Roma vuole avere la sicurezza che il suo sforzo e la sua decisione potranno comunque contribuire a mettere in crisi, o a creare le prime crepe, nell'attuale maggioranza di governo.
Oltretutto questa linea non è semplicemente una posizione propagandistica, utile a sollecitare la partecipazione dei militanti più convinti, ma corrisponde ad una possibilità reale fondata sulla situazione di un governo che ha perduto la fiducia degli italiani, che è sempre più diviso tra piattaforme politiche divergenti ed è appeso ad un sottilissimo filo al Senato.
Tutti questi elementi obiettivi devono spingere ad analisi non facilmente ottimistiche dell'evoluzione della situazione politica ma ancor meno pessimistiche o addirittura rinunciatarie.
Appena incassata la Finanziaria alla Camera, Prodi ha rivoluzionato i vertici dei Servizi salvando la dignità di Pollari ma premiando nomi fedeli al premier e graditi a Rifondazione Comunista. L'ennesimo schiaffo a D'Alema e Rutelli che nella partita non sono entrati e che continuano a pagare il sospetto di lavorare per una sostituzione di Prodi.
Il Professore galleggia nel logoramento della sua maggioranza, paga un prezzo altissimo in termini di immagine e di consenso popolare, ma ogni volta che si toccano tasti di potere si mostra il più rapido e concreto di tutti. Sempre di intesa con la sinistra più radicale.
Ecco perché Berlusconi guarda con fiducia alla manifestazione del 2 dicembre che potrà evidenziare clamorosamente la delusione, lo sconcerto e la rabbia di milioni di italiani nei confronti del governo, quella stessa rabbia che la tv di Stato - Tg1 in testa - nasconde scientificamente. Il leader azzurro sa che nessuno dei capi del centrosinistra è in grado oggi di sbarazzarsi del premier con una semplice manovra di Palazzo.
D'Alema e Rutelli non possono affondare il colpo, senza rischiare di mettere in gioco Veltroni, l'unico che ha interesse a prolungare il galleggiamento prodiano tenendosi lontano dagli schizzi di fango che colpiscono tutti gli uomini di governo, a cominciare dai due vicepresidenti del Consiglio.
È comunque chiaro che anche se Prodi dovesse cadere, non ci sono elezioni dietro l'angolo e lo stesso Berlusconi si metterebbe a disposizione delle più immediate esigenze di governabilità del Paese. Una volta individuata la comune volontà di voltare pagina.
Sul Corriere della Sera di oggi, a pagina 45, Peppino Calderisi e Marco Taradash confutano con ineccepibili argomentazioni giuridiche e ordinamentali, la tesi dei brogli elettorali della Casa delle Libertà. Tesi che ha dato vita al film-"bufala" di Enrico Deaglio.
Il carro di Prodi perde il primo pezzo: per quanto piccolo, è il primo segnale concreto, fra tanti scricchiolii, della tracimazione della maggioranza di governo. Fatuzzo, con il suo Partito dei pensionati, ha annunciato il definitivo distacco dall'Unione e l'adesione alla manifestazione del 2 dicembre.
"Prodi ci ha tradito, Prodi non ha mantenuto le promesse, i nostri 340mila voti non sono più appannaggio della maggioranza di centrosinistra". Meglio tardi che mai, potremmo dire, visto che soltanto una piccola frazione di quei voti ha consentito all'Unione di andare al governo del Paese.
Disillusi i pensionati. Dunque, mal riposta la loro fiducia in una coalizione che tanto aveva promesso nel suo programma e nulla ha mantenuto. Andarlo a sfogliare oggi, quel programma, è utile esercizio: "adeguamento delle pensioni al costo della vita"; "rafforzamento delle pensioni più basse"; "indicizzazione delle pensioni"; "aumento degli assegni sociali e dei trattamenti di invalidità civile più bassi". Nulla di tutto questo nella manovra finanziaria.
Perfino una promessa di basso impatto economico sulle casse dello Stato, ma di grande impatto civile e sociale, come l'anticipo di cinque anni dell'età pensionabile per le persone che assistono familiari non autosufficienti, pur promessa e sbandierata da Prodi, non è stata mantenuta. I pensionati saranno in piazza con l'opposizione. Così come in piazza ("non contro il governo, ma contro la finanziaria", dissero con farisaica distinzione) erano già andati a Roma i pensionati di Cgil, Cisl e Uil. Dal mondo tradito degli anziani arriva ora la prima risposta "politica" alla finanziaria di Prodi.
La recente intervista rilasciata a La Repubblica dal segretario dei Ds Piero Fassino è rivelatrice dello stato d'animo del suo partito e dell'elettorato di centrosinistra. Fassino, che alla Camera ha rappresentato la Finanziaria di Prodi con un comizio difensivo, lascia trapelare il suo pensiero: "penso proprio che alla fine la svanghiamo", e poi "incrociamo le dita".
Queste affermazioni la dicono lunga sulle preoccupazioni che crescono all'interno dei partiti che sostengono il governo, sempre più allarmati della piega che sta prendendo la situazione e dal pauroso calo di consensi che investe il governo.
Fassino confida perciò nella cosiddetta "fase due", di cui Prodi non vuol sentire parlare, ma che, secondo il segretario dei Ds, potrebbe illuminare l'attuale finanziaria di una luce nuova e diversa. La fase due significa affrontare la riforma delle pensioni e il piano delle liberalizzazioni presentato da Rutelli. Fassino non nasconde le difficoltà di questa seconda fase, quella delle riforme e rivolge ai sindacati l'invito a non tirarsi indietro.
Ma poiché sa che le resistenze da superare saranno molte, apre alla possibilità che parlamentari e partiti dell'opposizione corrano in soccorso del governo. Fassino li cita chiaramente: da Follini alla Lega fino agli autonomisti di Lombardo.
Si fa strada nel centrosinistra la speranza di "svangare" le attuali difficoltà e, complice la ripresa economica, di spostare le difficoltà politiche e le divisioni all'interno dell'opposizione.
Si tratta di una estrema, disperata mossa per evitare il collasso dell'attuale alleanza di governo, che però non va sottovalutata.
La contromisura è quella di rinsaldare la coesione fra tutti i partiti dell'opposizione e della Casa delle Libertà, e in particolare con la Lega e l'Udc.
Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, in un'intervista pubblicata sul numero di dicembre del mensile free press Pocket torna sulle polemiche legate ai presunti brogli alle politiche: "La giunta per le elezioni - osserva - è al lavoro per il riconteggio delle schede. E questo riconteggio lo abbiamo chiesto noi, non loro. La sinistra aveva un uomo in ogni sezione, noi no...".
A proposito del voto di aprile, Bonaiuti aggiunge: "Berlusconi ha riconosciuto, onestamente, che sul piano delle riforme poteva essere fatto di più. Ma l'esito delle elezioni è stato determinato da un altro fattore, la ‘par condicio', una legge bavaglio che ha limitato la libertà di informare gli italiani".
"Noto comunque che Prodi, dopo aver governato sei mesi, ha già perso una regione, il Molise, che alle politiche aveva votato per lui, per il centrosinistra. La gragnuola di nuove tasse, il decreto Visco-Bersani, che si fonda su un metodo stalinista per ingabbiare gli italiani e metterli nelle mani del Fisco ha aperto gli occhi a tutti".
"La Finanziaria di Prodi non è una cosa seria, ha fatto arrabbiare i commercianti, colpiti da nuove tasse e costretti ad infinite complicazioni nella tenuta dei libri contabili. Ha scontentato gli artigiani, che hanno denunciato come il 75% dei loro ricavi se ne va ora in tasse. Ha scontentato gli imprenditori. Tutti: piccoli, medi e grandi. Hanno protestato notai, medici, avvocati, i giovani ricercatori e i rettori delle università, i precari e perfino i pensionati. Ha scontentato il ceto medio e ha penalizzato chi percepisce un reddito fisso. E poi quando gli italiani si sono azzardati a protestare, Prodi li ha bollati come una manica di pazzi".
"L'effetto devastante di questa manovra sulle tasche dei cittadini si potrà calcolare solo l'anno prossimo, quando gli enti locali saranno obbligati ad aumentare le tasse o ad inserirne di nuove e si avvertiranno le conseguenze della stangata di dicembre".
"Mi chiedo quanto sta costando al Paese l'appoggio del sindacato di Epifani e dell'estrema sinistra al governo". Per Bonaiuti, "gli attuali governanti somigliano a una zattera di naufraghi che litigano tra loro in continuazione. Ognuno difende il suo briciolo di spazio. E nessuno ha il coraggio di tuffarsi in mare". "Secondo gli ultimi sondaggi - aggiunge - il 60-70% degli italiani è deluso da questo governo. Per il bene dell'Italia ci dobbiamo augurare che Prodi duri poco". Il portavoce di Berlusconi denuncia poi la riduzione del lavoro parlamentare. "Da quando c'è Prodi premier - attacca - i parlamentari si riposano... Quando eravamo noi a Palazzo Chigi, si lavorava. Oggi, avendo pochissimi voti di maggioranza, hanno ridotto i lavori parlamentari al minimo per evitare di andare sotto. In effetti ci sono nostri deputati e senatori che hanno detto: ‘Se stiamo qui a non fare niente, restituiamo i soldi...'".
E sulla Rai spiega che "la sinistra non l'ha occupata. Non ne aveva bisogno: è lì da sempre".
"Non l'ho detto io - aggiunge - ma il ministro Amato, che la sinistra è legata strutturalmente alla Rai. A sinistra sentono l'emittente pubblica come cosa loro: si stima che l'85-90% dei giornalisti Rai sia di sinistra. Lì c'è un sindacato fortissimo che è l'Usigrai".
"Quando andammo al governo - osserva Bonaiuti - lasciammo il presidente Zaccaria e il consiglio di amministrazione al suo posto e quando lui lasciò l'azienda, per scadenza del mandato, se ne andò al Palavobis ad arringare la folla sul tetto di una pensilina contro Berlusconi. Il suo modo di dire grazie. La verità è che in Rai c'è una reazione automatica contro qualsiasi tentativo di innovarla".
Il portavoce di Berlusconi allarga poi il discorso. "Fino ad aprile scorso - dice - è stata descritta dalla sinistra un'Italia ridotta alla fame, come la Parigi di Zola, con turbe di impiegati mendicanti che vanno in giro chiedendo la carità, gli industriali che strimpellano la chitarra davanti alle chiese per ottenere l'elemosina, i bambini che piangono per il latte. Non appena è arrivato San Romano da Bologna dai giornali e dalle tv è scomparso tutto: l'Italia d'improvviso è tornata ad essere il Paese che era: sano e prospero. Questa è l'ennesima conferma di una grande menzogna: la sinistra diceva che Berlusconi aveva occupato la tv, l'informazione; invece è avvenuto esattamente il contrario".
Bonaiuti ironizza, comunque, sulle apparizioni di Prodi in video augurandosi che aumentino visto che "ogni volta che va davanti alle telecamere fa uno spot formidabile per l'opposizione. Dico, invoco: porte aperte a Prodi e al suo ministro Padoa Schioppa!".