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il Quaderno del 22 novembre

Libero, una ricostruzione troppo libera

Per avviare una campagna propagandistica autoreferenziale Libero ha usato Berlusconi. Non uno, ma due giorni di seguito con articoli, editoriali, gossip e ritagli di conversazione spacciati per interviste che – evidentemente – interessavano solo il quotidiano di Feltri, dato che sono stati snobbati da altri giornalisti presenti alla stessa cena, che hanno ascoltato commenti e battute del leader azzurro usando un discernimento e una diversa discrezione.

Ieri al fumo diffuso da Libero su un Berlusconi propenso a lasciare la politica, deluso dai suoi senatori che corrono in infermeria o scelgono il barbiere, sicuro di aver già individuato il successore... ha replicato Bonaiuti con una smentita secca che è quella che vale: "Berlusconi non ha rilasciato nessuna intervista". Fatto incontestabile che poi ha portato al commento colorito di definire la meticolosa ricostruzione di Libero a sostegno di una falsa tesi politica (l'abbandono del leader) come una autentica panzana!

Ora vanno distinti due punti. Uno politico e l'altro giornalistico.

Quello politico ha indicato, nella ricostruzione di ieri, un Berlusconi manovriero che ribadiva – con l'aria sconsolata – concetti già espressi altre volte. La sua disponibilità alle larghe intese con un ruolo defilato in un futuro governo; la certezza che sarà soprattutto il centrosinistra a decidere quando staccare la spina a Prodi; la constatazione che per ora non si vedono all'orizzonte i capitani coraggiosi del 1998. Nel ribadire tutto questo, l'ex premier non si mostrava stanco o deluso ma realista e spiegava che, se così stanno le cose, la caduta del Professore non è dietro l'angolo. E così, certo non volontariamente, ha messo in crisi il patos e l'entusiasmo che convoglia il due dicembre la grande manifestazione di popolo a Roma. Soprattutto a questo è servita la smentita...

Il punto giornalistico riguarda l'enorme rilievo dato da Libero alla ricostruzione e il tentativo di farla apparire come un evento professionalmente eccezionale, uno scoop appunto. Un metodo, soprattutto per gli addetti ai lavori, che mette Libero tra i quotidiani che simpatizzano per l'opposizione in miglior luce rispetto al più diretto concorrente.

Una riflessione pacata, politicamente indispensabile in questa fase, ci porta ad un'altra considerazione.

C'è qualcuno che può aver interesse a mitigare, se non a far fallire, la manifestazione del due dicembre, a demotivare i simpatizzanti, a descrivere un leader stanco e svogliato magari per non disturbare troppo Prodi e guadagnare tempo per scalare la leadership del centrodestra?

Forse più d'uno. E non necessariamente il solito Casini.

Motivo di più per riportare calma e attenzione sulla verità dei fatti: un Berlusconi che in una cena mondana racconta, descrive e scherza su politica e dintorni crea mal di pancia nel centrosinistra (perché i killer ci sono, Prodi lo sa anche se per ora restano nascosti) e distribuisce agli aspiranti leader d'opposizione speranze a piene mani che non costano nulla tanto sono lontane dalla realtà. Ma in campo, oggi e domani, resta lui. Ed è su di lui che infatti i quotidiani riempiono pagine con articoli, fotografie e vignette. Perché sarà lui e solo lui a trascinare gli italiani in piazza.

Berlusconi, nessuna intenzione di ritirarsi

"Ci dispiace disilludere falsi amici e veri avversari. Berlusconi non ha nessuna intenzione di ritirarsi dalla politica tant'è che è impegnato quotidianamente a guidare l'opposizione, a rilanciare e rinnovare Forza Italia, a sollecitare e favorire nuove forme di aggregazione nel centro-destra affidandosi alla fantasia e alla capacità di produrre innovazione".

Lo afferma Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia. "Forse, - aggiunge - al di là di molteplici sortite giornalistiche, l'equivoco è nato da un'altra questione: nell'eventualità auspicabile e probabile che di fronte alla reazione di rigetto in atto, prima o poi, il governo Prodi imploda, allora è ipotizzabile che si dia vita ad un governo di decantazione, di tregua, di larghe intese: i nomi e le soluzioni possono essere molteplici. Di fronte ad una ipotesi di questo tipo Berlusconi ha voluto chiarire già in diverse occasioni che né si prefigge l'obiettivo di guidare quel governo né di farne parte. Si tratta di ipotesi ben diverse dal ritiro dalla politica".

"Ci dispiace per il centrosinistra e per altri: tutti costoro dovranno fare i conti ancora a lungo con la capacità di Berlusconi di parlare con aree della società italiana che la sinistra, ma probabilmente nessun politico ‘ordinario', riesce ad attrarre, a mobilitare, a convincere", conclude Cicchitto.

Berlusconi, nessuna attesa andrà delusa

Un garbato articolo a firma Andrea Romano, pubblicato dalla Stampa, esorta Berlusconi ad applicare un precetto di Antonio Gramsci: "Il compito di chi dirige è di preparare la successione". Probabilmente il fondatore del Partito comunista in Italia aveva in mente il tortuoso percorso che aveva portato i bolscevichi dalle mani di Lenin a quelle di Stalin. Dalla padella nella brace. Meglio prendere a modello figure e procedure delle società democratiche, in cui "un leader sconfitto dal voto si preoccupa di dare un'altra possibilità alla propria parte politica, incoraggiandola a dotarsi di una nuova guida per il futuro".

Parole sante, ma dette a sproposito. Romano è davvero convinto che la strepitosa rimonta solitaria, durante la campagna elettorale, che ha portato il pronosticato perdente della vigilia a un soffio dal traguardo, faccia di Berlusconi uno "sconfitto dal voto"? E' vero il contrario: il rapporto fiduciario tra il leader del centrodestra e gli elettori è uscito rafforzato dalla prova e vincola Berlusconi a corrispondere alle attese, onorando fino in fondo il patto elettorale. A un leader che abbia "a cuore le sorti della propria parte politica" non è dato di mutare d'abito e di parte in commedia, come fanno gli attori.

Certo, le cose cambiano. Viene per tutti il momento di uscire di scena. Ma è essenziale non sbagliare il momento. Come sarebbe se il leader piantasse baracca e burattini, lasciando dietro di sé il vuoto turbolento di una guerra di successione, per capriccio. O, peggio, per il desiderio maligno di farsi rimpiangere. Il quotidiano torinese mostra di credere che il rapporto fiduciario tra il leader e molti milioni di italiani sia una sorta di bene patrimoniale, trasferibile ad altri per eredità, senza nemmeno essere intaccato dalle tasse di successione. Non è così che vanno le cose. Tanto meno è realizzabile l'auspicio che l'uscita di scena dell'Arcinemico, tranquillizzi il centrosinistra, conferendo alle sue scelte il beneficio del senno perduto.

Romano, e chiunque altro sia sedotto dalla favola bella di una politica pacificata perché deberlusconizzata, si ricreda. Basta voltarsi indietro, per constatare che la fabbrica dell'Arcinemico è parte integrante del modo di far politica della nostra sinistra. Sempre, nella storia dell'Italia repubblicana, tutti quelli che sono stati seriamente d'intralcio alla marcia trionfale della sinistra sono stati puntualmente etichettati come nemici della democrazia ed esposti al ludibrio. Ne hanno fatto le spese, prima di Berlusconi, De Gasperi e Saragat, Tambroni e Segni, Fanfani e Leone, poi Craxi... E sempre, dopo Berlusconi, l'avversario da battere sarà presentato come il Nemico da demolire, almeno finché la sinistra postcomunista non avrà completato il percorso di civilizzazione che conduce ad essere democratici, e non solo ad apparire tali.

In piazza a favore della democrazia

L'organizzazione della manifestazione del 2 dicembre a Piazza San Giovanni in Laterano procede in un clima di fattiva collaborazione fra i partiti della coalizione, con l'aggiunta del partito dei pensionati che ha dichiarato qualche giorno fa la propria uscita dalla maggioranza di governo.

Soprattutto si registra un entusiasmo e un desiderio di esserci sempre più forte, al punto che i pullman previsti dai partiti non bastano più a rispondere alle richieste spontanee che provengono da semplici cittadini.

Il successo della manifestazione sarà decretato non solo dallo sforzo organizzativo dei singoli partiti, a partire naturalmente dai due più grandi, ma soprattutto dall'entità della partecipazione spontanea di quei cittadini che intendono manifestare tutta la loro rabbia, la loro indignazione e la loro collera nei confronti di questo governo.

Come rivela oggi Nicola Piepoli, sul Corsera, tre elettori su quattro del centrodestra sono favorevoli alla manifestazione, mentre sei su dieci si dicono interessati a parteciparvi.

Ciò significa che sono circa 15 milioni gli elettori che approvano l'iniziativa di piazza e circa 12 milioni coloro che si dicono pronti a manifestare il 2 dicembre. Piepoli stima all'incirca in 700mila le persone che potranno effettivamente scendere in piazza a fianco di Berlusconi.

Se questi saranno i numeri dei tre cortei che confluiranno a piazza San Giovanni a Roma, allora si tratterà di un evento politico clamoroso che, se non determinerà una conseguenza immediata negli equilibri del governo, certamente farà riflettere le forze politiche.

In piazza contro il governo delle tasse

Contro la finanziaria vessatoria e iniqua, che colpisce i poveri non meno dei ricchi e che minaccia lo sviluppo, si mobilita praticamente tutta l'Italia. Rappresentanti di ogni settore e categoria – operai, pubblici dipendenti, piccoli imprenditori, pensionati – continuano a scendere in piazza per esprimere il "no" chiaro e fermo a una manovra inutilmente pesante, ispirata a vecchi pregiudizi ideologici e a intenti punitivi. Non c'è giorno senza un corteo di protesta, e molte altre iniziative sono programmate per i prossimi giorni.

Un significativo preludio e un corale sviluppo della grande manifestazione romana del 2 dicembre indetta dal centrodestra "Contro il governo delle tasse".

I centauri tartassati

Sabato prossimo a Milano e a Roma sfileranno migliaia di motociclisti, perché la manovra aumenta pesantemente i bolli sulle "due ruote". I centauri hanno anche il sostegno delle associazioni di consumatori Codacons, Adusbef e Contribuenti.it , che invitano inoltre gli automobilisti a spegnere il motore, in segno di protesta, alle 12 in punto dello stesso sabato. Chiunque usi un veicolo privato, dal motorino all'utilitaria, dalla motocicletta alla berlina di grossa cilindrata, viene stangato dai nuovi bolli e balzelli (patenti, immatricolazioni eccetera).

Gli artigiani: vediamo solo tasse

Domenica prossima a Milano è in programma la manifestazione nazionale conclusiva indetta dagli artigiani della Cna, alla quale interverranno anche commercianti e piccoli imprenditori.

Le manifestazioni regionali si sono svolte nei giorni scorsi a Bari, Cagliari, Palermo, Bologna.

Anche da questi settori le critiche alla manovra sono nette: non riusciamo a scorgere nella manovra alcuna volontà di aiutare lo sviluppo, vediamo soltanto tasse.

Allarme sicurezza

Il 5 dicembre scenderanno in piazza le forze dell'ordine. La manifestazione è stata organizzata dalla Consulta sicurezza e dal Cocer dei carabinieri. Nonostante la crescente richiesta dei cittadini di protezione e sicurezza, il governo non garantisce i mezzi necessari a un'efficace azione di prevenzione e repressione del crimine. La lotta fra i tutori dell'ordine e la malavita diventa veramente impari.

Da giorni, inoltre, sono in agitazione permanente gli agenti della polizia penitenziaria.

Le accuse dei vigili del fuoco

Per il 6 dicembre è fissato lo sciopero generale dei vigili del fuoco. La manovra li priva delle risorse necessarie a svolgere gli impegnativi compiti di protezione civile. "Le nostre richieste – affermano i loro rappresentanti – sono state disattese ed è a rischio la stessa attività di soccorso".

Anche la scuola dice "no"

Il giorno dopo, il 7 dicembre, saranno in piazza gli insegnanti che aderiscono al principale sindacato autonomo, lo Snals. Per loro la finanziaria voluta dal governo è "inaccettabile". Anche i docenti precari protestano contro la manovra e accusano i sindacati confederali di non averli tutelati, barattando le loro richieste con il rinnovo del contratto dei "garantiti".

"Uccidete la democrazia" uccide la verità

La patacca di Enrico Deaglio non sta in piedi, anche se la televisione pubblica in mano alla sinistra le ha dedicato un'intera trasmissione. Un milione e 246 mila schede bianche in meno alle ultime elezioni non significano automaticamente brogli, come invece sostiene il film "Uccidete la democrazia!" che uscirà con "Diario" e secondo il quale la spiegazione va ricercata nella manipolazione dei dati da parte del Viminale attraverso un sistema informatico che avrebbe attribuito quelle schede a Forza Italia. Roba da querela. In realtà, ci sono molte spiegazioni plausibili al fatto che dalle politiche del 2001 a quelle di aprile 2006 si sia passati da 1.692.048 schede bianche a 445.497. E infatti nessun esperto di flussi elettorali se l'è sentita di appoggiare anche solo da lontano la teoria del "grande imbroglio". D'altra parte, è risaputo che le schede sono toccate solo all'interno dei seggi dove, alla fine del conteggio, viene stilato un verbale. Se brogli ci sono è qui che vengono fatti.

I risultati poi sono accertati e proclamati dagli uffici elettorali costituiti presso le Corti d'Appello e dalla corte di Cassazione che lavora sui verbali. La sera dello scrutinio il ministero dell'Interno diffonde risultati soltanto ‘ufficiosi', facendo la somma dei dati che arrivano dalle prefetture, via telefono, fax o computer. E dunque il Viminale non ha nulla a che fare con i verbali, che riportano i dati ufficiali delle votazioni, e se anche avesse compiuto una contraffazione sarebbe stato immediatamente "smentito" dalla Cassazione.

Il motivo principale della diminuzione delle schede bianche è la semplificazione del voto: si è passati, infatti, da un sistema elettorale misto, maggioritario con una quota di seggi assegnata con il metodo proporzionale, che prevedeva tre schede e l'indicazione delle preferenze. Il 9 e 10 aprile, invece, bastava fare una croce su un simbolo di partito. Inoltre è stata una consultazione elettorale caratterizzata da forte bipolarizzazione. Non a caso le due formazioni più grandi, Forza Italia e Ulivo, hanno ricevuto più della metà dei voti espressi, arrivando al 55 per cento. C'è stata una forte mobilitazione politica e chi è andato alle urne c'è andato per esprimere una preferenza, e non per lasciare scheda bianca come segnale di protesta.

Nel clima di scontro che ha caratterizzato la campagna elettorale, e in particolare dopo la durissima polemica sulle tasse innescata da Tremonti nelle ultime settimane i cittadini si sono sentiti chiamati direttamente in causa.

La loro era quasi una scelta ‘obbligata' fra Prodi e Berlusconi. In quest'ottica, la scheda bianca non aveva senso. Diverso invece il caso del 2001, quando il voto fu accompagnato da molta incertezza, soprattutto a sinistra, dove una fascia dell'elettorato era insoddisfatta sia per la scelta del candidato premier, ricaduta su Rutelli, sia per come era stata gestita la legislatura appena conclusa. Tutti elementi che influirono, e parecchio, sul maggior numero di schede bianche registrate allora. Quella del complotto informatico, dunque, è una teoria che non sta proprio in piedi: una calunnia in piena regola contro il partito di maggioranza relativa.

Visco uccide l'uguaglianza sociale

L'opposizione aveva denunciato che il "grande fratello" voluto da Visco per combattere l'evasione fiscale avrebbe violato il diritto alla privacy, ma il viceministro è andato aldilà: non ha saputo rinunciare agli accertamenti, alle indagini, al gusto che tutti gli italiani potessero denunciare l'idraulico o l'elettricista evasore. Insomma ha saputo instaurare un vero e proprio stato di polizia fiscale, tanto da far venire il dubbio che, pur cambiando l'etichetta del partito di appartenenza, il suo dna lo fa sentire ministro della Russia sovietica.

Solo dopo la denuncia fatta da Prodi di essere stato spiato e la conferma dell'esistenza di alcune talpe interne al ministero che avevano curiosato nei redditi di Berlusconi, Dini, Ciampi, Napolitano, e tanti altri, il viceministro si è ravveduto e oggi frena e parla di procedure garantiste e di tutela della privacy. Per tutti? No, solo per i vip, very important person, e per i politici. Per loro (non è chiaro chi compilerà la lista, ma si può suggerire di aprire le iscrizioni!), che vengono definiti persone "sensibili", sarà realizzato un archivio "off limits", vietato ai voyeur informatici, perché come dice lo stesso Visco "hanno necessità di una maggiore garanzia della privacy".

Questo vuol dire che per i ricchi la tutela alla privacy sarà rispettata e tutelata, per tutti gli altri no. Alla faccia della politica di sinistra, della difesa del popolo, dei principi di uguaglianza ed equità sociale. E pensare che proprio qualche giorno fa Bertinotti aveva invitato a non avere "atteggiamenti aristocratici" e Franco Giordano oggi rincara la dose: "Sì, è un governo elitario". E', come si diceva per la Rai qualche tempo fa, "di tutto di più".

   

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