CAROLINA DI BRUNSWICK
(Regina di Gran Bretagna)
Milano 1998. Gli scandali (da quello che provocò l'abdicazione di Edoardo VIII alle ultranote vicissitudini coniugali degli attuali principi Carlo e Andrea) che hanno colpito la Corona britannica durante il nostro secolo impallidiscono - malgrado le enormi amplificazioni mediatiche di oggi - di fronte a quello che, in piena era napoleonica, coinvolse Giorgio IV e la sua legittima consorte, la principessa tedesca Carolina di Brunswick. E tutto fa pensare che, come la monarchia d'oltre Manica sopravvisse (e anzi in seguito s'irrobustì) allora, tanto più sopravviverà (alla barba di chi la dava per spacciata solo un anno fa) ora che ha una grande sovrana come Elisabetta II.
Scritta da Flora Fraser, figlia di Antonia, é da poco uscita anche in italiano la biografia "La regina ribelle" (La vita avventurosa di Carolina di Brunswick). La biografia (invero non pare che la figlia sia all'altezza della madre) é un dettagliato racconto della vita di questa eroina dell'indipendenza femminile, che sino alla morte lottò con coraggio (ma forse non sempre con buon gusto) per farsi riconoscere quelle che oggi vengono definite le pari opportunità.
Carolina (1768/1821) nacque nel piccolo ducato di Brunswick, stato vassallo della Prussia, dall'unione del locale duca Carlo Guglielmo Ferdinando e di Augusta, sorella di Giorgio III, re d'Inghilterra ed elettore di Hannover. Con un tipico matrimonio combinato secondo criteri dinastici e diplomatici, nel 1795 sposò il principe di Galles, futuro Reggente (1811/1820) e poi re Giorgio IV (1820/1830), suo primo cugino. Malgrado la nascita di una figlia (poi morta di parto nel 1817), il matrimonio fu subito un vero disastro e i due condussero ben presto vite separate, tanto più che Giorgio era già sposato segretamente e illegalmente con la cattolica Maria Fitzherbert. Le picche e le ripicche dei due malmaritati ebbero l'onore delle cronache e dell'allora fiorentissima libellistica (con anche aspetti che definire boccacceschi sarebbe poco) finché morte non li separò, proprio mentre il trono britannico doveva affrontare gli sconvolgimenti politici interni, quelli esterni causati da Napoleone e la prima intermittente e poi definitiva demenza di Giorgio III.
Caparbia, esuberante, coraggiosa, talvolta ingenua, spesso sull'orlo della bancarotta finanziaria, Carolina non volle mai accettare la separazione legale dal marito. Quella di fatto invece le andava benissimo, tanto più quando si prese come amante ufficiale il bellissimo barone italiano Bartolomeo Pergami. Viaggiò moltissimo in Levante e in Italia, suscitando grande imbarazzo nelle corti visitate, che non sapevano in quale veste accoglierla. Persino la tollerante, e a sua volta esuberante, Maria Luigia, ex-moglie di Napoleone I e poi duchessa di Parma, benedisse il giorno in cui Carolina lasciò il suo ducato.
Carolina sembrava aver trovato la pace in Italia e in particolare a Villa d'Este sul lago di Como, quando la notizia dell'ascesa al trono del marito la spinse a rientrare a Londra per reclamare i suoi diritti di regina. Non le fu permesso di presenziare all'incoronazione del marito nell'abbazia di Westminster, ma vinse la causa intentatale dal marito che voleva il divorzio per adulterio. Quando morì per cause naturali, pochi mesi dopo Napoleone I, poteva quindi ancora fregiarsi del titolo di regina. L'aborrito marito, che in gioventù aveva condotto vita non meno scandalosa di quella della moglie, le sopravisse circa nove anni. Vittoria, una cugina di questo re mediocre, doveva qualche decennio dopo dar gran lustro a un trono così duramente provato.
Ma valeva la pena di darsi tanto da fare per mantenere formalmente in vita un'unione che di fatto non esisteva più da anni e anni nonché di aspirare a un titolo la cui assunzione non avrebbe avuto altro che un sapore di ridicolo? Probabilmente no, tanto più che non sarebbe certo morta da fame se avesse accettato la separazione e un titolo meno elevato ma pur sempre altisonante. Al di là delle facili "letture" moderniste, femministe e accostamenti a personaggi attuali, resta il fatto che anche Giorgio IV mostrò segni di benevolenza - o perlomeno non di palese cattiveria - nei confronti della moglie ribelle. In certe corti meno "democratiche" di quella inglese, Carolina avrebbe rischiato ben altro che un titolo!
Giuseppe Serpagli
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