I VIAGGI DI IBN BATTUTA
(Il Marco Polo arabo)
Milano 1993. Nella prima metà del Trecento, uno studioso di diritto islamico, il marocchino Ibn Battuta, compì una eccezionale serie di viaggi che in circa un trentennio lo portarono a visitare ogni angolo degno di nota del vastissimo "dar al-Islam" (dimora dell'Islam). L'infaticabile pellegrino si spinse non solo in tutti i paesi allora musulmani, ma anche in molte città o regioni di altri paesi (come Cina, Spagna, Africa occidentale tropicale) dove i suoi correligionari rappresentavano una forte minoranza. In totale, Ibn Battuta raggiunse quelli che corrispondono a quarantaquattro paesi moderni, disseminati in Africa, Asia ed Europa (minimamente). Un'impresa eccezionale che lo pone tra i più grandi viaggiatori di prima del 1492. Un'impresa appassionante che lo storico americano Ross E. Dunn racconta nel libro "Gli straordinari viaggi di Ibn Battuta" (Le mille avventure del Marco Polo arabo) ora pubblicato in versione italiana. Indubbiamente molto interessante, il libro si avvale inoltre di buon ritmo narrativo nonché di impianto ed esposizione di encomiabile chiarezza. Basato sul resoconto (rihla) lasciato dallo stesso Battuta, il libro é anche una "interpretazione" (però rigorosamente documentata e mai romanzata) della vita e dei tempi di Ibn Battuta.
Se di primo acchito é inevitabile il paragone con Marco Polo, si scopre poi che tra i due vi sono notevoli differenze. Tra gli elementi che li accomunano vi sono il periodo storico (pressappoco lo stesso), certi paesi orientali visitati e il fatto che entrambi non scrissero di proprio pugno le loro memorie. Tra gli elementi che li differenziano vi é prima di tutto quello sostanziale che il marocchino viaggiò quasi esclusivamente (pur in uno spazio geografico molto superiore a quello del veneziano) in ambito musulmano e quindi ovunque si trovò tra gente che condivideva con lui religione, valori morali, idee, costumi (più o meno) e leggi (la Shari'a). Poi, la "Rihla" di Ibn Battuta si rivolgeva ai dotti musulmani della sua epoca e quindi intendeva più offrire una panoramica (oltre che il racconto di una straordinaria esperienza umana) su tutti i paesi e i popoli che professavano l'islamismo che non un esotico racconto su paesi e popoli lontani e "stranieri". Il libro di Battuta, inoltre, é molto più pieno di materiale autobiografico di quanto non lo sia "Il Milione". Diversamente da quest'ultimo, il libro del marocchino non ebbe inizialmente molto successo, pare nemmeno nel mondo islamico. Fu scoperto dagli europei all'inizio dell'Ottocento e solo allora incominciò a ricevere dappertutto la necessaria attenzione.
Nel 1325, Ibn Battuta (1304/1368) lasciò la natia Tangeri per recarsi via terra ai luoghi sacri di Medina e della Mecca. Doveva trattarsi soltanto del tradizionale viaggio alla Mecca che l'Islam impone ai suoi seguaci che rispondono a certe condizioni e invece fu l'inizio di una serie di viaggi che trattenne Ibn Battuta lontano dal Marocco per quasi un trentennio. Alcuni luoghi (come quelli sacri dell'Arabia) li visitò più volte, in altri soggiornò abbastanza a lungo, qui prese moglie, là ebbe un figlio (magari da un'altra moglie), qui riuscì ad avere una carica giudiziaria (non arrivò mai a diventare maestro della legge, ma nei paesi islamici più periferici il fatto non era un problema) o un governatorato di provincia. Per arrivare a una destinazione sceglieva talvolta itinerari contorti in modo da non rivisitare luoghi già visti o soltanto perché la curiosità lo spingeva verso posti che altrimenti non avrebbe potuto conoscere. Quando, verso la cinquantina, tornò in Marocco, Ibn Battuta aveva viaggiato per tutta l'Africa settentrionale, buona parte dell'Africa orientale costiera (arrivando poco oltre Zanzibar), quasi tutto il Medio Oriente (Persia e Anatolia comprese), parti delle regioni attorno al Mar Nero, dell'Asia Centrale e di Afghanistan, India, Indonesia e Cina (per non citare che i paesi maggiori). Al suo ritorno in Marocco dopo quasi un trentennio, la sua curiosità non era ancora doma e così si spinse fino a Tunisi (toccando anche Cagliari, uno dei pochi luoghi - un altro era stato Bisanzio - cristiani da lui visti), nel sultanato di Granada e, con una lunga traversata transahariana, fino al Mali in Africa occidentale. Per ordine del sultano di Fez, le sue memorie furono raccolte ed elaborate dal giovane studioso di origine andalusa Ibn Juzayy ed esse toccano i più svariati aspetti della vita nel Trecento musulmano. Non solo quindi descrizioni di viaggi, città visitate e persone incontrate, ma anche storie dinastiche o costumi sessuali (come quelli delle donne delle Maldive) e persino annotazioni di cucina o botanica.
Giuseppe Serpagli
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