MADAME DE STAEL
(Germaine Necker)
Milano, 1991 . [messo in linea nell'agosto 2004] Dovendo usare soltanto due parole per  definirla, non esiterei a dire che era "simpaticamente eccessiva". Tranne che nel fisico, tutto in lei era eccessivo in senso positivo: dall'intelligenza alla bontà d'animo, dalla mania di apprendere al bisogno di rendersi utile, dalla ricerca dell'amore all'odio verso l'ipocrisia. Fu una donna eccezionale vissuta in anni eccezionali, quelli che vanno dall'agonia della monarchia assoluta fino alla monarchia costituzionale in Francia. Svizzera d'origine, francese di nascita e cultura, é passata alla storia politica e a quella culturale col nome di Madame de Stael (1766-1817), dal cognome del primo marito, un barone e diplomatico svedese d'origine tedesca. D'antica origine tedesca era anche il padre, il banchiere ginevrino Necker, rimasto famoso nella Storia per la parte che ebbe durante il regno di Luigi XVI, mentre la madre era del cantone di Vaud. Insomma era una vera europea, considerando anche le sue avanzatissime idee e che passò buona parte della sua breve ma intensissima vita in esilio o che visitò vari paesi europei. Alla donna straordinaria che fu Madame de Stael é dedicata l'omonima biografia scritta dallo storico francese Ghislain de Diesbach, ora pubblicata anche in italiano. Una biografia bellissima, in cui, anche cercandoli col lanternino, come si dice, non saprei trovare difetti.
Impossibile riassumere, nelle poche righe a disposizione, la vita di Germaine de Stael senza arrecarle qualche ingiustizia o banalizzarla. Lo stesso autore della suddetta biografia, pur abbastanza monumentale, fa presente che per scandagliarla veramente a fondo, ogni anno della sua vita necessiterebbe di un libro a se stante! Le attività principali per cui la de Stael é ricordata dai posteri sono quelle di scrittrice e "operatrice culturale e politica". Dei suoi libri il più importante (e forse anche il più accessibile ai moderni lettori non specialisti) rimane il saggio "De l'Allemagne" che, tra l'altro, contribuì molto alla diffusione della cultura tedesca e del romanticismo oltre i confini tedeschi. Ma limitare la conoscenza di Madame de Stael all'opera tangibile sarebbe ingiusto, perché la cosa che la rende tanto straordinaria é la globalità della sua personalità (opera e vita). Ed é appunto questa globalità che riesce a trasmettere una biografia a tutto tondo come quella presente.
Non mancano i suoi tanti amori, che visse sempre intensamente e che talvolta scandalizzarono i suoi contemporanei, seppure la sua epoca fosse abbastanza liberale in materia. La sua relazione più lunga e tormentata fu quella con lo scrittore e uomo politico francese, anch'egli d'origine svizzera, Benjamin Constant. Malgrado il lato fisico della loro relazione sia stato di durata relativamente breve, la loro amicizia, con alti e bassi, durò praticamente fino alla morte della de Stael. Napoleone, a cui lei non perdonò mai d'aver instaurato in Francia, e poi in buona parte dell'Europa, un regime dittatoriale, fu il suo più acerrimo nemico. Da questa inimicizia derivò il suo esilio dalla Francia, in gran parte volontario, perché in effetti per la maggior parte del governo napoleonico le fu proibito soltanto di soggiornare a Parigi e nelle sue immediate vicinanze. Al di là delle differenti concezioni politiche dei due, erano entrambi esseri troppo intelligenti e superiori per poter transigere e arrivare a un accomodamento. Ciò non impedì che il grande corso, ormai già un po' segnato dall'avversa sorte, gliene proponesse uno durante i Cento Giorni, quando l'avrebbe voluta a Parigi per assistere nella preparazione di una nuova costituzione. Ma lei si rifutò, facendo notare che lui aveva fatto a meno di lei e di costituzioni per tanti anni e che probabilmente non era sincero nemmeno allora.
Memorabili, tra i tanti, due eventi che illuminano assai bene il suo carattere esuberante, e talvolta anche un po' intrigante a dire il vero. Il primo é l'opera di raccomandazione da lei svolta presso Barras, ai tempi del Direttorio, a favore dell'amico d'esilio Talleyrand. Tanto fece e tanto brigò che riuscì a far avere un ministero al gran volpone, che poi naturalmente si dimenticò di lei quando fu al servizio di Napoleone. Il secondo é il grande dolore che provò alla morte dell'amatissimo padre. La notizia, arrivatale mentre si trovava in Germania, la gettò nella più grande prostrazione, sincera certo ma anche molto melodrammatica. Il destino, comunque, le impedì di godere appieno del definitivo esilio dell'odiato tiranno a Sant'Elena (ma anche la monarchia costituzionale non era forse ancora ciò che lei avrebbe desiderato), perché morì a poco più di cinquant'anni nel 1817. Probabilmente consumata dall'aver vissuto troppo intensamente e ancor più dall'aver abusato della sua grande intelligenza.
Giuseppe Serpagli
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