Milano 1994. Poco prima che scoppiassero le polemiche (o l'"emergenza" per usare un termine di cui ora si fa largo abuso) sul clamoroso sviluppo della prostituzione (in ogni sua forma e per ogni gusto) in Italia, é stata  publicata - pare per puro caso - "La vita quotidiana nelle case chiuse in Francia (1830-1930)" di Laure Adler. Un libro di storia minore che gli eventi successivi hanno reso d'attualità soprattutto in riferimento all'opportunità o meno di riaprire le case dette anche "di tolleranza" per far, tra l'altro, cessare la trasformazione notturna di molte città italiane in immensi lupanari a cielo aperto. Anche se i contesti storico, sociale e geografico sono diversi da quelli odierni italiani, dal libro ci si può fare un'idea di cos'erano in realtà i bordelli legalizzati nel periodo del loro massimo splendore, che almeno in Francia coincise più o meno con il Secondo Impero. Pur dedicando più spazio ai bordelli propriamente detti, il libro si occupa anche delle altre forme di prostituzione presenti in Francia nel secolo esaminato.
Dalla lettura del libro appare chiaro che anche ai tempi dei bordelli non solo non erano tutte rose e fiori come molte trasformazioni artistiche (per non citare che qualche nome, Toulouse-Lautrec nei bordelli praticamente ci viveva, Maupassant li frequentava e si é servito della sua diretta conoscenza in una delle sue migliori novelle: "La maison Tellier") potrebbero lasciar credere, ma anche che i bordelli legalizzati non avevano eliminato - per vari motivi - alcuni tra i più importanti problemi connessi al sesso a pagamento. Con i bordelli, infatti, convivevano tutte le altre forme di prostituzione (sulla strada, nei caffé, in campagna, nelle case d'appuntamenti, ecc.) e quindi la situazione era ben lungi dall'essere quella del "tutto controllato e asettico" che i sostenitori del male minore (e cioé i bordelli) vorrebbero far credere. Inoltre, la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili (che allora erano meno, ma la sifilide non era ancora guaribile) era solo frenata (molto empiricamente) dai bordelli e a farne le spese maggiori erano socialmente le donne, perché sui clienti i controlli erano pressoché inesistenti. E si potrebbe continuare, anche senza addentrarci in moralismi, massimi principi o nella spinosa questione dei pro e dei contro. Tante cose sono cambiate da allora (per esempio l'uso delle automobili come alcove o il fenomeno dell'altissimo gradimento incontrato in Italia dai travestiti, i cui clienti - stranamente - non sono ancora stati classificati), ma probabilmente vale ancora oggi quello che disse un funzionario della prefettura di Parigi nel 1840 e cioé che la prostituzione é un "vizio [la parola ai nostri orecchi suona comunque troppo forte] generato da una delle passioni più imperiose dell'uomo, al quale i progressi della civiltà non hanno potuto apportare nessun rimedio efficace". Stranamente, aggiungeremmo noi nemmeno la rivoluzione sessuale che a partire dagli anni 1960 ha reso molto più facili i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.
Quando in Francia furono legalmente abolite nel 1946 (in Italia solo nel 1958), le case di tolleranza si trovavano già in un periodo di decadenza che era iniziato verso il 1880 dopo tanti anni di "spendore". A Parigi ve ne erano 204 nei primi anni del Secondo Impero, mezzo secolo dopo non ne era rimasta che una cinquantina (senza per questo che la professione più antica del mondo avesse perso lavoratrici e utenti). Vi erano case per tutti i gusti e le borse: dai sontuosi bordelli parigini, ovattati e discreti, alle stamberghe in cui le donne si offrivano su nudi materassi. Raramente le case frequentate da operai, soldati e marinai erano le stesse in cui cercavano voluttà i ricchi borghesi. In molte case di lusso, andava di moda l'esotismo (come una stanza giapponese o una moresca) e ogni camera era dotata di servizi e acqua corrente. Nelle case di più basso livello, le pensionanti aspettavano i clienti su panche e praticavano in camere sommariamente arredate (quando non decisamente sporche). L'età media delle donne andava dai ventuno ai venticinque anni. Non sempre erano arrivate nei bordelli perché "vittime della società"come descritto in tanti romanzi dell'epoca, ma piuttosto semplicemente perché sradicate. In maggioranza erano figlie di operai o di piccoli borghesi. La vita quotidiana delle donne dei bordelli era collettiva e tutto era condiviso: clienti, sogni, speranze, fatiche, ribellioni (paradossalmente un pò come in un collegio o convento). Anche nelle case più lussuose, il loro dormitorio comune era austero e spesso deficitario dal punto di vista igienico. A seconda del destino e dell'astuzia individuale, le pensionanti potevano finire col diventare esse stesse tenutarie o trovare un marito decente e quindi uscire dal giro. Più spesso percorrevano la lenta discesa verso la prostituzione sempre più miserabile (magari passando per l'ospedale o il protettore) fino all'ultimo gradino del "termine della notte" per le strade. E pensare che tra i tanti appellativi (alcuni spiritosissimi e nemmeno tanto offensivi) che i francesi hanno affibbiato alle prostitute c'é anche quello di "filles de joie"!
Giuseppe Serpagli
PROSTITUZIONE IN FRANCIA  NEL PASSATO
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