MARCO ANTONIO
(ANTONIO E CLEOPATRA)
Milano, 1988. [messo in linea nell'agosto 2004 ] Il periodo é uno dei più affascinanti della storia romana: quello del passaggio dalla repubblica al principato (o impero). Periodo popolato da figure di primaria grandezza o intrigante complessità come Cesare, Pompeo, Cicerone, Bruto, Antonio, Cleopatra e Ottaviano Augusto. Convulso periodo denso di avvenimenti, oltre che memorabili, altamente appetibili anche per il lettore moderno non specialista. La figura ora sotto il riflettore é quella di Marco Antonio, cui lo storico francese Francois Chamoux ha dedicato la bella omonima biografia, recentemente pubblicata anche in versione italiana con l'illuminante sottotitolo di "Ultimo principe dell'oriente greco". Una biografia a tutto tondo che si distingue per non avere la legnosità di molte altre opere sulla storia di Roma, pur senza cadere nella ricerca di facili effetti o nel sovraccarico di arabeschi e magari interpretazioni "freudiane", cui il personagio avrebbe potuto tentare. Non foss'altro per il drammatico epilogo della sua vita, quel tragico crescendo di  sconfitte militari e politiche fino alla classica conclusione con commistione di amore e morte di due amanti tra i più celebri della storia: Antonio, appunto, e Cleopatra.Viene spontaneo di ricordare i due attori, Richard Burton ed Elizabeth Taylor, che fatalmente s'innamorarono (quasi un sortilegio proiettato attraverso i secoli) l'uno dell'altra proprio impersonando sul set cinematografico i due celebri amanti dell'antichità nel famoso kolossal che quasi provocòil fallimento della 20th Century Fox.
Non siamo davanti a una smaccata riabilitazione di Antonio, ma nemmeno a una continuazione della quasi totale condanna secolare che grava su di lui e sulla sua "lussuriosa" compagna. Siamo piuttosto di fronte a una doverosa messa a punto, dove si cerca di sfrondare la storia dalle incrostazioni della leggenda, dagli orpelli delle trasposizioni artistiche (anche se di sommo livello come Shakespeare) e soprattutto della propaganda negativa abilmente diffusa dal suo antagonista e vincitore, Ottaviano Augusto, e da storici e artisti della sua corte. Insomma la facile storiella - che é rimasta indelebile nell'immaginario collettivo - del traditore della patria irretito e inebetito dalla lascivie della maliarda focosa orientale (che aveva già conquistato un grande come Cesare) non regge più di tanto.Che i due si amassero ardentemente fino a decidere di morire quasi in contemporanea é fuori di dubbbio. Ma c'é dell'altro; la politica, l'ellenismo di Antonio e il suo disegno, prematuro per i tempi, di creare un impero mediterraneo-ellenista. Cosa che poi altri realizzarono alcuni secoli dopo, come poi avvenne anche la separazione della chiesa greca-ortodossa da quella di Roma, come a dimostrare che un'unione totale del Mediterraneo da Gibilterra al Bosforo non poteva reggere.
Se quanto a mancanza di scrupoli i due rivali si equivalevano, uno dei veri punti deboli di Antonio fu proprio il suo temperamento impetuoso e impulsivo che spesso, specie nell'ultima parte della sua vita, gli fece commettere azioni non ponderate, come il ripudio della moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, per unirsi a Cleopatra. Che ne fosse l'amante non scandalizzava nessuno più di tanto, ma che ne divenisse il legittimo consorte era un altro discorso. O come il testamento di Antonio, in cui egli, tra l'altro, riconosceva Cesarione (figlio di Cesare e Cleopatra) come figlio di Cesare con grande ira di Ottaviano, che basava il suo potere proprio sul fatto di essere il legittimo erede del grande prozio Cesare. La questione del testamento fu abilmente sfruttata da Ottaviano, che poi fece anche circolare la voce che il valoroso condottiero romano, il vincitore di Bruto e Cassio a Filippi, fosse rimasto vittima delle egizie magie della "scostumata" regina d'Alessandria. E, naturalmente, il fatto di voler staccare tutto l'oriente mediterraneo dal dominio di Roma, ufficialmente e definitivamente.
Un passo del libro di Chamoux mi sembra mettere a fuoco la questione di fondo in modo chiaro e decisivo: "La sua sfortuna [di Antonio] fu di avere per collega e rivale un politico di genio [Ottaviano], dal temperamento freddo e senza scrupoli, che non volle accettare la ripartizione del potere e che seppe scaltramente costringerlo alla rottura e poi  infliggergli una disfatta decisiva".
Dall'aperta rottura tra i due triumviri, che, dopo la morte di Cesare, avevano spartito il potere (prima anche con Lepido, poi estromesso dal potere effettivo con la carica di Pontefice Massimo) alla fine di Antonio passarono pochi anni. L'inizio della fine fu la battaglia di Azio nel 31 a.C., persa da Antonio e Cleopatra. Nemmeno un anno dopo, Ottaviano entrava vittorioso in Alessandria, ma gli fu negata la  soddisfazione di portare a Roma in ceppi il rivale e la sua donna, che si erano suicidati a breve distanza l'uno dall'altra, con la spada il primo e con morsi velenosi dell'aspide la seconda. L'Egitto, fino allora indipendente, divenne dominio romano e la storia dei due tragici amanti iniziò a colorarsi dei riverberi, non necessariamente brillanti, del mito.
Rimane l'interrogativo di come sarebbe potuta andare se il disegno politico di Antonio e Cleopatra per la creazione di un impero orientale non si fosse scontrato contro la fredda determinazione e la consumata astuzia - anche nel manipolare i rudimentali media di allora - di Ottaviano Augusto. Ma si sa che la Storia non si scrive con i "se" e che a scriverla sono sempre i vincitori.
Giuseppe Serpagli
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