La vicenda dello spionaggio fiscale "è una bufala pazzesca". Il presidente di FI, Silvio Berlusconi, torna a ribadire le sue considerazioni sulle ispezioni abusive che sono state perpetrate ai danni del presidente del Consiglio Romano Prodi, di sua moglie Flavia Franzoni e di molti altri personaggi in vista della vita pubblica.
"Dato che c'è solo una sanzione amministrativa -ha aggiunto il presidente di FI riferendosi al rischio che corre chi commette questi illeciti- quindi lo fanno.
Prodi, consapevole che avrebbe messo una tassa sulle donazioni, ha anticipato una donazione al figlio, attraverso un atto pubblico. Il fatto è risaputo, alcuni giornali hanno dato la notizia e siccome sono migliaia le persone che lavorano nell'amministrazione fiscale che hanno accesso ai computer, sono andati a vedere di cosa si trattava...".
"C'è quello che vuole sapere quanto guadagna Sabrina Ferilli... -ha proseguito Berlusconi - siamo di fronte a ciò che si prepara per ciascuno di noi. Dal male occorre trarre il bene, per cui è giusto che tutti sappiano che chi fa politica ha il dovere di avere conti trasparenti, chi non fa politica dovrebbe avere il diritto alla riservatezza. Questa riservatezza non ci sarà più.
Con il decreto Visco-Bersani, ogni cittadino sarà schedato e tutto ciò che lo riguarda, la sua vita economica e il suo stile di vita, sarà raggiungibile da una infinità di soggetti. Quindi non ci sarà più nessuno che avrà il diritto alla privacy. Questa, signori, è la sinistra".
Berlusconi ha riconosciuto che gli episodi di cui si parla non si riferiscono alla fase politica attuale ma a quella precedente. "Vabbé - ha affermato - parliamo del momento precedente ma adesso tutti i cittadini dovranno dare tutti i loro dati all'amministrazione. Non solo - ha concluso - ma è stato invertito l'onere della prova, per cui l'amministrazione raccoglierà i dati senza contraddittorio, un Pm potrà accusare il cittadino senza contraddittorio e sarà il cittadino che dovrà dimostrare la sua estraneità".
"Abbiamo la certezza che sia in atto un tentativo di creare un polverone per distogliere l'attenzione degli italiani dalle difficoltà nelle quali versa l'attuale governo. Nessuno deve permettersi di chiamare in causa il governo precedente" anche perchè "il fatto che gli accessi alla posizione fiscale di Prodi siano così numerosi è la prova inoppugnabile del fatto che siamo in presenza di una pratica diffusa". Lo afferma in una nota Paolo Bonaiuti, portavoce del leader di FI Silvio Berlusconi.
"Respingiamo nel modo più netto ogni speculazione sulla vicenda degli accessi alla posizione fiscale del professor Prodi e di sua moglie", aggiunge Bonaiuti, che chiede "che la magistratura faccia luce su questo episodio e su altri analoghi che stanno emergendo".
"È necessario che siano resi noti i nomi delle altre personalità che sarebbero state oggetto di analoghi accertamenti", conclude il portavoce di Berlusconi, aggiungendo: "C'è da chiedersi, infine, se, alla luce di questi fatti sia accettabile che il governo della sinistra abbia proposto interventi legislativi, attualmente in votazione in Parlamento, ancor più rischiosi e invasivi della privacy".
"L'asserito spionaggio di situazioni fiscali che riguarderebbero uomini politici e che sono pubbliche per legge è una vicenda assai peculiare. Di solito, si spia ciò che è segreto. Così come è assai singolare che le indagini, anziché a Roma, siano ancora una volta svolte dalla Procura di Milano. Ed è ancor più straordinario che, fra tutti coloro che sarebbero stati spiati, alla stampa sia stato reso noto soltanto il nome di Prodi". Lo dice il senatore di FI Nicolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi.
"Ovviamente, se fosse accertato che vi sono state delle violazioni di legge, o la propalazione di dati davvero riservati - aggiunge - è auspicabile che siano accertate tutte le responsabilità del caso e parimenti si dovrebbe esprimere la massima solidarietà a coloro che sono stati oggetto delle illecite condotte. Ma, finché tutto ciò non sarà accertato, sarebbe opportuno, da parte di molti esponenti del centro sinistra, usare maggior prudenza nelle esternazioni per evitare dichiarazioni diffamatorie".
"Non stupirebbe - conclude Ghedini - che, all'esito delle indagini, si acclari che si trattava o di accertamenti legittimi o di accesso a titolo personale da parte di funzionari a dati che sono pacificamente pubblici, e che, quindi, si è offerta grande pubblicità a una vicenda per alcuni più utile politicamente e mediaticamente che rilevante penalmente".
Agenzia Ansa del 27 ottobre h. 13,07
"Un'ipotesi di buon senso che resta sempre valida". Così Silvio Berlusconi risponde ai giornalisti in Transatlantico a proposito della possibilità che si vada a una grande coalizione.
"È duro governare un Paese contro la maggioranza degli italiani, anche i loro eletti lo sentono". Così Berlusconi risponde a chi gli chiede di commentare i lavori parlamentari di questi ultimi giorni e in particolare il fatto che la maggioranza abbia presentato un numero di emendamenti alla finanziaria quasi pari a quelli presentati dall'opposizione. Quello che si verifica, secondo l'ex premier, "è una forzatura del buon senso", a causa anche della "richieste che derivano fondamentalmente dall'ideologia della sinistra radicale". L'Italia, prosegue Berlusconi, "credo che sia l'unico Paese occidentale che abbia due partiti comunisti al governo".
"Quello che si è fatto ieri sul caso Abu Omar ha creato un danno irreversibile ai nostri servizi segreti che non sono più considerati interlocutori possibili da parte di tutti gli altri servizi internazionali".
"Abbiamo recato un danno alla nostra Difesa - ha aggiunto Berlusconi - e al Paese".
C'è qualcosa di sinistro nelle trame - purtroppo non solo mediatiche - che la maggioranza sta mettendo in atto contro Forza Italia. E non deve meravigliare che il doppio attacco – sulla vicenda Pollari e sullo spionaggio di Prodi e compagni – esploda con fragore nel momento di massima fibrillazione della coalizione al governo. E alla vigilia di quel match sulla Finanziaria che trasformerà il Senato in un ring.
Occorre che tutta la classe dirigente di Forza Italia e del centrodestra alzi il livello della propria vigilanza. Perché è ancora sulla Magistratura (in particolare quella di Milano) che la sinistra punta quando sente messa in pericolo la propria leadership nel Paese.
La vicenda dello spionaggio che occupa le prime pagine odierne è qualcosa di più e di peggio di un polverone, anche se non lo esclude, per coprire una Finanziaria che scontenta tutti. Ma ancora più pericolosa è l'azione che la Magistratura, complice la sinistra di governo (almeno in questa prima fase), intende perseguire contro il vertice Sismi, una volta decapitato.
L'obiettivo è far saltare il segreto di stato sulla vicenda Abu Omar nel tentativo di colpire i vertici del passato governo provando ad accusarli, con una grande operazione mediatica, di avere autorizzato gli Usa ad agire sul nostro territorio nel sequestro.
Vigilare perché una certa magistratura, se guadagna spazio e sente "debole" la maggioranza che l'ha incoraggiata, prima si fa autorizzare all'azione, poi travalica i suoi compiti e diventa supplente della politica. Il peggio: ricordiamoci come partì Tangentopoli.
Saranno diverse le ragioni ma la sostanza non cambia: Romano Prodi è stato spiato così come lui intende spiare tutti i cittadini. Infatti, con la scusa della lotta all'evasione fiscale, il governo mette in piedi un vero e proprio Grande Fratello fiscale che, come recitano le norme, permetterà di aprire accertamenti su "qualunque soggetto potenzialmente indagabile". Cioè, su tutti.
Oppure, bisogna dire, tutti tranne uno? Perché chi pensa che il controllo a tappeto dei cittadini possa essere un legittimo strumento di legge non può poi indignarsi e definire quella pratica come "grave violazione" solo perchè da controllore diventa controllato.
Berlusconi, insieme a Tremonti, subisce il "j'accuse" di Fassino quale responsabile dello spionaggio. Accusa strumentale che serve a nascondere, ancora una volta le difficoltà della "multietnica" maggioranza: il Cavaliere in passato è stato spiato 800 volte e anche in questa occasione risulta essere nell'elenco degli "osservati". Da leader politico di governo o di opposizione, l'ex premier ha sempre avvertito l'allarme democratico di alcune prassi e ha sempre sostenuto con forza che violare il diritto alla riservatezza significa sacrificare altri fondamentali diritti, dalla presunzione di innocenza al diritto di difesa. Esagerazioni? Basta leggere qualche pagina della nostra storia più recente. Condanna totale, quindi.
Né ci si può rifugiare in una ipotesi di deroga in nome della sacrosanta lotta all'evasione fiscale perchè si rischia di cadere in un'altra emergenza giudiziaria come quella della sacrosanta lotta alla mafia e alla corruzione politica quando il motto di politici e inquirenti era "costi quel che costi". E i costi, in quell'occasione, sono stati i tanti e gravi errori giudiziari, basti ricordare il caso di Enzo Tortora, il potere ad libitum della magistratura inquirente, la demolizione del nostro stato di diritto.
La maggioranza ha presentato tre mila emendamenti alla "sua" finanziaria. Il governo solo duecento, vale a dire che quasi la metà degli emendamenti complessivi presentati a Montecitorio alla manovra (in tutto circa sette mila) vengono da chi la dovrebbe sostenere. Segno inequivocabile che questa legge di bilancio non piace solo alla Casa della Libertà, ma che è indigesta anche ai nove partiti della maggioranza; ed agli stessi ministri che l'hanno approvata in consiglio dei ministri appena un mese fa.
A ben guardare, gli emendamenti dell'Unione, di Rifondazione, dei Comunisti italiani e dei Verdi non sono richieste di modifica secondarie, il loro obbiettivo è quello di riscrivere da cima a fondo la manovra. Diliberto, per esempio, vuol far assumere i precari dallo Stato; vuole obbligare le aziende a prendere a tempo indeterminato tutti gli assunti con i contratti della legge Biagi; vuol aumentare le pensioni; vuol tassare i redditi sopra i 150 mila euro al 47%.
Romano Prodi vuol dirottare l'attenzione del vertice di domani non sui problemi politici della maggioranza (tipo, "fase due") ma sulla legge finanziaria, che interpreta come l'atto "riformista" del suo governo. Al di là del particolare che nemmeno Joacquin Almunia ritiene che la manovra contenga riforme strutturali (ed il commissario Ue è venuto a Roma per sostenere la finanziaria in nome della solidarietà dell'Internazionale socialista), il contenuto riformatore della manovra è pressoché nullo. Ne consegue che domani Prodi se riuscirà ad evitare un "processo" della politica, lo subirà ugualmente sulla legge di Bilancio. Ed i Pm di questo processo non saranno soltanto i Fassino, i D'Alema, i Rutelli della situazione, ma gli stessi dai quali il premier si attende un sostegno: le frange estreme della maggioranza. E questo proprio in virtù degli emendamenti presentati alla legge di bilancio.
Delle due, l'una. O Prodi accetta le modifiche chieste da Prc e Comunisti italiani (ed in tal caso deve sconfessare Padoa Schioppa), oppure scontenta gli azionisti di maggioranza della coalizione. E per uno come lui che viene dalle partecipazioni statali, sconfessare gli azionisti di maggioranza non è mai una scelta di lunga durata. L'Unione non è un public company.
Con una lettera inviata a La Stampa, Romano Prodi ha bacchettato ancora una volta i giornalisti, colpevoli a suo dire di avere drammatizzato le difficoltà che incontrerà domani al vertice della maggioranza.
Vertice? Polemiche? Contrasti? Il Professore, con lo stile improntato alla finta bonomia che lo distingue, nega, esclude, minimizza: nessuna verifica, nessun vertice, soltanto un placido sabato di lavoro, uno scambio d'idee con gli alleati, in un clima di distensione, col "metodo tranquillo" che caratterizzerebbe l'infaticabile attività del centrosinistra.
Il Professore mente, ancora una volta, con diabolica perseveranza, e la menzogna si sarebbe potuta più agevolmente coprire col polverone dello spionaggio e del complotto, se le cronache politiche non avessero riferito, insieme al suo patetico tentativo di disinformazione, delle intenzioni autenticamente bellicose di molti che parteciperanno alla riunione di domani. Riunione definita "ad alto rischio", che potrebbe trasformarsi in un redde rationem, senza sconti, sulla confusa politica economica del governo.
Prodi è perfettamente consapevole del pericolo e proprio per questo avrebbe voluto una riunione fra pochi intimi: lui, tre ministri, un solo capogruppo per tutta la maggioranza. La riduzione drastica degli invitati avrebbe lasciato fuori molti di quelli che non sono d'accordo sulla manovra, o che ritengono troppo mite l'inasprimento fiscale, o che non vogliono nemmeno sentir parlare di riforme. Con pochi interlocutori la solitudine del premier dimezzato sarebbe risultata meno imbarazzante, ma il trucco è stato smascherato. Al vertice parteciperanno complessivamente 45 esponenti del centrosinistra, compresi i capigruppo di ogni partito e partitino in cui si disarticola la maggioranza.
Romano Prodi in pratica sarà attaccato da tutti i settori della sua coalizione, se la si può ancora definire così. È sul piede di guerra la sinistra massimalista, con Franco Giordano che vagheggia il ritorno del "conflitto sociale" e che rifiuta ogni ipotesi di modifica al sistema previdenziale. Sono con lui la Bellillo del Pcdi e Pietro Folena, ma a far l'appello dei massimalisti si stenterebbe a trovare qualcuno disposto a spendere una parola per Prodi e Padoa Schioppa.
Nulla di buono arriverà dai cosiddetti moderati dell'Unione. C'è l'opposizione aperta dell'Udeur, ci sono i mugugni degli altri partitini, i sospetti dei sedicenti riformisti della Quercia e i lamenti dei ministri che dicono: "Sì ai tagli, ma si cominci da un altro dicastero, non dal mio".
Il "metodo tranquillo" è soltanto una bugia. Dalla maggioranza sono stati presentati centinaia e centinaia di emendamenti alla finanziaria e molti presentatori non sono disposti a ritirarli senza battersi. L'improvvisazione al potere genera caos e sospetti. Ciriaco De Mita, quando ha appreso che Prodi aveva stracciato con stizza il testo di un emendamento presentato dall'Ulivo, ha affermato: "Il premier non può zittire in questo modo 200 parlamentari".
In verità tutti sembrano pentirsi di avere incoronato un re travicello che pretenderebbe, adesso, di regnare. I calcoli meschini di tutti i settori dell'Unione, fatti sulla pelle del Paese, stanno per scontrarsi.
Il Professore avrà un tranquillo sabato di rissa.
Peggio di prima. Avevano reintrodotto surrettiziamente l'imposta di successione. Proteste, tutti gli occhi puntati sul livello della franchigia, ben lontana dai "molti milioni di euro" promessi da Prodi. Così il governo ne ha approfittato. Franchigia a un milione di euro (il contentino) ma, a seguire, una succosa "spremitura" delle eredità, con il ritorno al prelievo sulla massa dei beni.
Detto così, sembra un provvedimento men che innocuo. Nella sostanza significa che, rispetto al decreto in vigore, rientrano nelle mire del Fisco una serie di beni che ne erano esclusi:
Accade che in un Paese ricco e civile, vicino a noi (ma purtroppo non il nostro) abbiano a cuore il destino delle imprese di famiglia e si preoccupino che il passaggio generazionale avvenga senza scossoni, con rispetto per quel che un piccolo imprenditore ha costruito per sé, ma anche per il bene comune.
Quel Paese è la Germania, dove il governo ha presentato un progetto di legge che prevede l'abolizione progressiva della tassa di successione sulle aziende. In quel Paese esiste un grande reticolo di piccole imprese, anche se nemmeno paragonabile al nostro. Così il governo si è posto il problema di come assecondare il passaggio da una generazione all'altra, invogliando i familiari a restare alla guida della società.
Ben lontano dalla scelta ideologica di "far piangere i ricchi", si propone di attivare un meccanismo semplice ma ingegnoso. L'erede dell'impresa potrà rinviare di dieci anni il pagamento dell'imposta di successione. Durante questo periodo, il fisco ridurrà l'ammontare del debito del 10% l'anno. Alla scadenza del periodo, se la società sarà ancora attiva e sarà rimasta in famiglia, l'erede si sarà visto abbonare il debito con il Fisco.
Da noi, invece, gli eredi di decine di migliaia di imprese avranno solo tre alternative: vendersi un pezzo di azienda; ricorrere al credito per pagare il Fisco, distraendo denari dagli investimenti; abbassare le serrande. Sono ricchi? Che piangano. Purtroppo, insieme ai dipendenti.
Fassino sostiene la necessità di una seconda fase del governo caratterizzata da una spinta alle riforme, a partire da quella sulle pensioni; Epifani risponde subito che non vi è assolutamente bisogno di una riforma delle pensioni. Prodi da parte sua rispedisce al mittente l'invito di inaugurare una seconda fase nell'attività del governo.
Insomma una vera e propria baraonda, una situazione che offre uno spettacolo indecoroso e devastante dell'attuale governo. Il che spiega la caduta vertiginosa dei consensi di Prodi. E le più grandi forze politiche della maggioranza, dai Ds alla Margherita, non potranno ignorarli per lungo tempo, senza avviare una riflessione al proprio interno sulle possibili vie d'uscita da questa situazione catastrofica e inimmaginabile per qualsiasi analista politico, nelle sue forme e manifestazioni.
Tutti sanno, anche nella maggioranza, che questa situazione non può durare a lungo, e certamente non può coincidere con l'intera durata della legislatura.
La sinistra sa tuttavia che la ripetizione dello sfratto a Prodi determinerebbe serie conseguenze politiche sulla tenuta dell'alleanza che ha vinto, sia pure di un soffio le elezioni. E soprattutto che la sostituzione di Prodi avrebbe effetti deleteri sull'elettorato dell'Ulivo e sulla prospettiva del Partito democratico.
Come uscire dunque da questo ginepraio? La fragile maggioranza del Senato potrebbe a un certo punto franare e rivelarsi insostenibile. A questo punto l'ipotesi di un governo tecnico o istituzionale potrebbe prendere campo per evitare il ricorso immediato alle urne e dare la possibilità agli schieramenti di un periodo minimo per ripensare alle strategie politiche future e per prepararsi alle prossime elezioni politiche.
L'Udc da una parte scommette sul prolungamento di questa legislatura e dall'altra parte si presenta come una forza politica pronta a giocare tutte le sue carte nell'ipotesi di una crisi dell'attuale governo.
Per queste ragioni la maggiore forza politica dell'opposizione deve essere protagonista e non lasciare nelle mani di chicchessia la partita di un eventuale governo istituzionale.