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il Quaderno del 23 novembre

Sondaggio/Un plebiscito per Berlusconi premier

Agenzia di stampa Velino del 23 novembre

Un sondaggio Ipr Marketing per Repubblica.it fotografa i desideri e le aspettative di chi vota per i principali partiti del centrodestra. Il più amato - si legge su Repubblica.it - resta il leadder di Forza Italia Silvio Berlusconi, che la stragrande maggioranza degli elettori della Cdl vuole vedere di nuovo in corsa per Palazzo Chigi (addirittura ben il 76 per cento dice di desiderare una sua ricandidatura). A chi non vota per il centrodestra invece non dispiacerebbe vedere l'ex premier passare la mano (il 47 per cento contro il 42).

I dati di Ipr Marketing ribadiscono che dopo il capo di Forza Italia, i più graditi a guidare il centrodestra sono Gianfranco Fini (80 per cento), Pierferdinando Casini (64) e Giulio Tremonti (64). E tra i possibili outsider il governatore della Lombardia Roberto Formigoni (55 per cento), il sindaco di Milano Letizia Moratti (unica donna, al 40 per cento), Claudio Scajola (39) e Giancarlo Galan (38).

Anche in questo caso la scomposizione per partiti riserva conferme e sorprese.

I dati raccolti tra gli elettori di FI, per esempio, dicono che la fiducia verso Casini è solo al 44 per cento, ben al di sotto di tutti gli altri possibili competitors del Cavaliere. Così come non è una sorpresa che i leghisti abbiano una fiducia pressoché illimitata in Giulio Tremonti (98 per cento) e quasi nessuna per l'ex presidente della Camera. Meno pacifico, invece, che gli elettori di An abbiano un alto tasso di fiducia in Tremonti, il 67 per cento, malgrado le antiche e mai sopite ruggini tra il partito di via della Scrofa e l'uomo che proprio Fini (era il 2004) fece allontanare dalla poltrona di via XX settembre.

Sul profilo ideale del prossimo candidato a Palazzo Chigi, la maggioranza lo vuole uomo, politico già affermato e già potente, da tempo in campo nella politica nazionale. L'elettore del centrodestra, insomma, rivuole Berlusconi. E se proprio non glielo ridanno, non ha voglia di grandi novità.

Noi/Rompiamo l'accerchiamento. Quando e come

Per chi avesse ancora dei dubbi le notizie montate ad arte su alcuni giornali negli ultimi giorni e seguite da commenti aspri nei confronti di Forza Italia e del suo leader, dimostrano che l'accerchiamento sul campo azzurro si sta stringendo scientificamente.

Nulla di tutto ciò accade per caso, né nella scelta dei tempi, né nella aggressività delle argomentazioni che provano ad allontanare dal cuore e dalla testa di milioni di elettori e simpatizzanti il simbolo principale del rinnovamento italiano, Silvio Berlusconi.

Sui tempi la sinistra spappolata dalla pochezza di questa legge finanziaria, prova a contrattaccare prima del due dicembre nel tentativo di indebolire la manifestazione di piazza voluta dal nucleo sondante della CdL. La stessa operazione politica di Libero, che è stata spacciata per un grande scoop giornalistico, costituisce da sola una mina contro la piena riuscita di quella manifestazione. Ed ha scatenato, tra i quotidiani principali come il Corriere, La Stampa e naturalmente La Repubblica – che pure negli ultimi tempi non avevano lesinato pesanti critiche al governo per l'ignobile legge di Bilancio – il più classico degli imperativi: "Contrordine compagni!".

Deve partire, a questo punto, la nostra reazione: fredda, calcolata ed efficace in tempi rapidissimi. Prima che il grande patrimonio di consenso popolare riacquistato e confermato in questi mesi di agonia prodiana, si disperda con l'arrivo dell'inverno. Non siamo troppo fantasiosi se riconosciamo che è uno shock anche la sola ipotesi, per quanto assurda e vaga comunque temibile se rilanciata sui giornali, che Silvio Berlusconi abbandoni la scena politica. Ed è su questo che i nostri avversari – dai più lontani e prevedibili ai più vicini e meno visibili – hanno puntato e puntano per disgregare il colosso azzurro. Il sondaggio pubblicato qui sopra conferma la leadership indiscussa e indiscutibile di Berlusconi. Sia lo stesso leader di Forza Italia e della Casa delle Libertà pertanto a trovare, prima di dicembre, il modo e la sede per rilanciare il suo ruolo e il futuro dei moderati italiani che sono la maggioranza del Paese e che non vanno abbandonati neanche quando le circostanze indicano che il governo si logora da solo.

Basta far trascorrere il tempo.

Noi/Dimostriamo la nostra forza. A Roma

Sono passati dieci anni dal giorno in cui il popolo di Forza Italia e della Casa delle Libertà scese in piazza a Roma contro un governo Prodi che allora, come oggi, aveva deciso con una finanziaria strabica di bastonare il ceto medio che rappresentava la maggioranza degli italiani.

Una sterminata folla popolò le strade della capitale e pacificamente protestò contro un governo troppo sbilanciato a sinistra, il cui peggiore interprete era lo stesso uomo che oggi sta a capo di una maggioranza ancora più sbilanciata a sinistra e appesa al voto dei senatori a vita, che nominati e non eletti rappresentano sé stessi.

Anche allora, come oggi, a capo del popolo moderato c'era Silvio Berlusconi che dal palco di Piazza S. Giovanni prometteva che avrebbe fatto di tutto per tornare al governo per difendere gli interessi degli italiani e, galvanizzato da una partecipazione senza precedenti, continuò a lavorare preparando la vittoria delle politiche del 2001.

I sondaggi di questi giorni, anche quelli realizzati da aziende non proprio a noi vicine, ci offrono la fotografia di un'Italia non più spaccata in due come all'indomani del voto di aprile ma più decisamente orientata a votare per la CdL con a capo il Presidente Berlusconi; le recenti indiscrezioni, peraltro non confermate su di un'eventuale suo abbandono della politica, quindi, stridono con la verità dei fatti.

La CdL porterà a Roma, come dieci anni fa, il ceto medio che senza distruggere vetrine o incendiare cassonetti manifesterà la sua voglia di mandare a casa Prodi e la sua scalcinata maggioranza, Visco e le sue tasse, Livia Turco e la sua droga, Bersani e i suoi odiosi controlli fiscali. Saranno gli italiani, ancora una volta, a chiedere a Berlusconi di non mollare e di continuare a condurre in Parlamento come nelle piazze la battaglia di libertà.

Sono tanti i motivi per cui scendere in piazza, non solo per le 67 nuove tasse introdotte ma anche per il clima di regime che si è instaurato nel paese: basta citare l'occupazione di tutti i posti di potere, dalla Presidenza della Repubblica alla Presidenza delle due Camere senza dimenticare il Csm, lo scandalo Telecom e le ingerenze di Rovati consigliere economico di Prodi, le continue offese agli italiani apostrofati da Prodi come "pazzi" solo perchè contrari al suo Governo. E ancora: l'ambiguità del governo sul tema della pace, Libano si Iraq no, e al contempo la partecipazione di esponenti della sinistra radicale a cortei in cui il fuoco della loro rabbia incendia bandiere di Israele e pupazzi raffiguranti militari italiani con una colonna sonora che sa di cattiveria e odio per i nostri martiri di Nassiriya.

Un governo che da un lato vieta la vendita di alcolici ai minorenni mentre dall'altro, senza alcuna distinzione di età, raddoppia le dosi di marijuana. Forse drogarsi è meno dannoso di bere? Questi e tanti altri sono i motivi che spingeranno una marcia pacifica e colorata che prendendo la rincorsa magari riuscirà a dare quella tanto attesa (da tutti) spallata.

Noi/Aspettiamo l'occasione buona. Al Senato

Per la prima volta la sinistra riesce a votare un provvedimento importante in Senato senza ricorrere alla fiducia e sembra abbia vinto le olimpiadi. Il centrodestra, da parte sua, mostra grande compattezza ma non può fare ben poco perché ha contro i senatori a vita che spostano l'ago della bilancia in favore della maggioranza. La sinistra è certa, con questa prova di unità, di aver gettato le basi per reggere l'intera legislatura e di aver gettato scompiglio e disperazione nelle file del centrodestra, ma se ci si ferma un attimo a riflettere senza farsi prendere dal nervosismo e dalla fretta della spallata, ci si potrà rendere conto di quanto la situazione non sia affatto mutata, anzi…

Ragioniamo con calma. Il vero paradosso, il grande scandalo di questa legislatura, è rappresentato dal fatto che ci sono voluti sei mesi per assistere alla prima votazione importante in Senato senza che la sinistra abbia dovuto ricorrere alla fiducia. E il fatto che la Finocchiaro si sia impegnata personalmente con Chiti sull'esito delle votazioni conferma l'intento propagandistico di questo progetto: un colpo fortissimo al morale della truppa della Cdl. La sinistra sta vendendo per buona merce avariata, vende come uno straordinario trionfo ciò che dovrebbe essere la normalità: voti senza fiducia. Quanto al centrodestra, non c'è nulla di cui demoralizzarsi, quando a palazzo Madama votano come un sol uomo i senatori a vita: con questa pesante forzatura delle regole e delle consuetudini parlamentari la maggioranza è in vantaggio e nessuno può farci nulla, a meno che non si tratti di questioni (e in futuro non saranno poche, anzi) che spaccano la sinistra. In quest'ultimo caso, per esempio il rifinanziamento della missione in Afghanistan, allora sì che vorremmo vedere se la maggioranza sarà sempre così compatta.

L'occasione arriverà quando meno te l'aspetti e la cosa importante è non farsi trovare distratti. Né farsi fregare.

Manovra/La sinistra "compra" i voti

"I voti vanno lavorati uno per uno", fa sapere Giovanni Russo Spena. Non staremmo qui a scandalizzarci più di tanto, se non fosse che pochi giorni fa Vannino Chiti si è conquistato il suo giorno di gloria mediatica, accusando Silvio Berlusconi di essere impegnato in una vera e propria "campagna acquisti" di deputati e senatori nelle file della maggioranza.

Un'accusa agevolmente rintuzzata: l'opposizione fa soltanto il suo mestiere, dando ascolto agli innumerevoli mal di pancia dei singoli parlamentari che, soltanto turandosi il naso e con poca convinzione, tengono in piedi questa maggioranza. Tradurre tutto ciò nell'accusa di "comprare voti" è stata soltanto una stupida forzatura e una barbara semplificazione. Facilmente ribaltabile, con più verità, alla luce del "mercato delle vacche", questo sì, messo in piedi dalla premiata accoppiata Finocchiaro-Russo Spena.

Il presidente del gruppo dei senatori ds lo conferma candidamente alla Stampa, parla dei parlamentari "frontalieri che vanno lavorati giorno dopo giorno". Laddove il termine "lavorati" si traduce molto più brutalmente in una serie di "do ut des" costruiti sul valore economico di una vera e propria transazione commerciale.

Così il senatore Pallaro "vale" 14 milioni, affidati all'emendamento "per l'incremento delle disponibilità economiche" a favore degli italiani nel mondo; il senatore Giannini, calabrese, "vale" quel pugno di milioni che dovranno essere destinati ai danni dell'alluvione nella sua terra; il senatore De Gregorio "vale" quel tanto di aumento che dovrebbe essere destinato alle spese militari. L'elenco continua con i voti manovrati da Lombardo (qualcosa alla Sicilia), con le richieste dell'autonomista Helga Thaler e via dicendo.

C'è una certa differenza tra un'opposizione che dà udienza e ascolto ai parlamentari delusi della sinistra e una maggioranza che "li lavora" monetizzandone il voto. Chiti guardi in casa propria, se proprio va a caccia di chi "compra voti".

Manovra/La sinistra produce pessimismo

La politica economica del governo di Prodi è percepita da un numero crescente di italiani come un freno allo sviluppo. Aumenta la percentuale dei pessimisti sull'immediato futuro del sistema Italia e questo si riduce nel gelo dei consumi, che sono il lievito indispensabile per la crescita. Sono questi i dati rilevanti emersi da un'analisi elaborata dal Censis per la Confcommercio.

Dopo sei mesi di governo delle sinistre il Paese è "sotto sforzo", si addensano nubi all'orizzonte mentre il resto dell'Europa riparte.

Il top del pessimismo

Un italiano su tre non si aspetta nulla di positivo dai prossimi mesi. Il "tasso di pessimismo" nel nostro Paese è del 34,2 per cento, contro il 29,1 della Spagna, il 19,6 della Francia, il 10,4 della Germania e il 5 per cento della Gran Bretagna.

"L'Italia riparte", afferma il Professore, aggiungendo menzogna a menzogne, ma la verità è che il Paese è come ripiegato su se stesso, mentre si riduce il numero dei cittadini che conservano qualche illusione sulle possibilità dell'attuale governo di secondare la crescita di cui nel resto d'Europa sono chiari i segni.

I conti delle famiglie

Un simile clima si riflette sui consumi. Soltanto il 31 per cento delle famiglie italiane ha incrementato i consumi rispetto ai primi mesi dell'anno. In Francia, Spagna e Gran Bretagna la percentuale è intorno al 45 per cento.

Anche le previsioni di spesa marcano una vistosa differenza rispetto al resto d'Europa. Soltanto il 30 per cento degli italiani prevede di aumentare nei prossimi mesi i propri consumi, contro il 44,4 per cento degli inglesi, 53 per cento dei tedeschi, 55 per cento degli spagnoli.

Il peso della manovra

Si diffonde la consapevolezza che la strada imboccata con la finanziaria e con l'inasprimento della pressione fiscale determinerà un impoverimento certo della maggioranza del ceto medio e medio-basso; alla riduzione del reddito disponibile si accompagneranno servizi pubblici meno efficienti e più costosi.

Ed è il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, a far rimarcare il nesso preciso fra il gelo delle speranze e dei consumi e la manovra.

"Qui non si tratta – ha dichiarato Sangalli – di pregiudizi di un Paese impazzito, questa finanziaria non indica un progetto, e senza un progetto chiaro, riconoscibile e condiviso il Paese non riparte".

Manovra/La sinistra contro i poliziotti

La manifestazione di protesta organizzata dalle forze dell'ordine per il 5 dicembre registrerà una partecipazione di agenti e carabinieri probabilmente mai raggiunta nel nostro Paese. Concordi nel dire "no" alla manovra sia i tre sindacati aderenti a Cgil-Cisl-Uil, sia i tre autonomi. Una condanna corale, dunque.

Il malcontento degli uomini della polizia di Stato, per cominciare, è serio e diffuso ed è certamente comprensibile. Fra i tagli disposti dalla manovra rientrano 12 milioni di euro che il Ministero dell'Interno aveva a disposizione per le cure speciali ad agenti e funzionari feriti in servizio.

Per la polizia è stata l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche perché, dopo la prima stesura della finanziaria, era stato assicurato che i fondi per le cure si sarebbero trovati. Ma nel maxi-emendamento non c'è traccia di questo recupero.

Tutto il comparto della sicurezza è in agitazione. Venendo meno alle promesse, nel maxi-emendamento il governo non ha inserito i 200 milioni per il rinnovo dei contratti delle forze di polizia e dei militari, né i fondi per gli imprevisti, né quelli per il pagamento degli straordinari. Non ha inserito nemmeno le risorse indispensabili per assumere oltre 1.300 precari: un'altra promessa non mantenuta.

Bonaiuti: allarme rosso per i tagli all'editoria

Agenzia di stampa Asca del 22 novembre h. 19,35

"L'allarme per l'editoria si sposta dalla Camera al Senato: ed è un allarme rosso. Non bastavano i 40 milioni di euro portati via in silenzio dal decreto Bersani-Visco del luglio scorso, adesso vengono addirittura tagliati altri 50 milioni. Il guaio è che questa operazione brutale di cassa - che mai fu permessa nei cinque anni di nostro governo - non prevede alcuna strategia per l'editoria. Il governo perciò deve reintegrare i fondi al Senato se vuole evitare il fallimento di decine e decine di testate, soprattutto piccole e medie: ma questo sembra il nostro auspicio, non la volontà dei responsabili di governo".

Lo afferma Paolo Bonaiuti, componente della Commissione Cultura della Camera e portavoce di Berlusconi.

Realtà/Senatori a vita e volontà popolare

In base all'art. 59 della Costituzione, sono di diritto senatori e a vita, salvo rinunzia, gli ex presidenti della Repubblica. Inoltre, il presidente della Repubblica può nominare "cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario".

Attualmente, gli ex capi di stato sono Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.

I cinque senatori a vita di nomina presidenziale sono: Giulio Andreotti, nominato da Cossiga; Rite Levi-Montalcini, nominata da Ciampi; Emilio Colombo, nominato da Ciampi; Sergio Pininfarina, nominato da Ciampi.

Da ricordare che il presidente Ciampi aveva nominato anche Giorgio Napolitano. Attualmente, quindi, c'è un posto disponibile.

Da una interpretazione letterale del secondo comma dell'art. 59 della Costituzione, i campi scientifico, artistico e letterario sono ben definiti e sicuramente le nomine di Rita Levi-Montalcini e Sergio Pinifarina rispondono ai requisiti.

E' nel campo "sociale", posto che questo includa il campo "politico", che si giustificano le nomine di Andreotti, Colombo e dello stesso Napolitano.

Se si considera che una lunga attività politica incide sul sociale, la scelta appare giustificata, ma forse lo spirito dell'articolo – con le sue specificazioni – voleva proprio escludere che un politico, già consacrato nella sua attività da ripetute conferme popolari, potesse far parte di un'assemblea che trae la propria legittimità dal voto popolare.

Per gli ex capi di Stato, l'assegnazione di diritto e a vita del titolo di senatore poteva giustificare sia un'assegnazione logistica, sia una funzione istituzionale in quanto, come prassi, sono consultati quando si deve formare un nuovo governo.

Ma che politici puri, mai assurti a quel ruolo super partes che è, per definizione, quello del presidente della Repubblica, potessero essere nominati senatori a vita, è una contraddizione poiché una tale nomina non può rivestire un carattere politico che la specificazione "a vita" tende invece a collocare super partes, anzi post partes.

La questione assume particolare rilevanza quando il voto dei senatori a vita assume, accanto al riconoscimento di meriti, che nessuno nega, un significato e un peso politico decisivo.

I cambiamenti nella prassi politica, che hanno portato gli elettori ad esprimere una indicazione precisa e decisiva circa la formazione di una maggioranza e la guida del governo non possono essere presi in considerazione a piacimento e ne devono essere tratte le implicazioni: tra queste, una differenziazione sostanziale tra senatori a vita e senatori di diritto o di nomina.

Questa specie di sistema "maggioritario" secco, che si esprime attraverso il premio di maggioranza alla coalizione vincente, esclude che possa essere modificato da un piccolo gruppo di persone che, indipendentemente dai loro meriti personali, non sono passate attraverso l'elezione.

Per questo motivo, e anche indipendentemente dal fatto che i loro voti possano risultare decisivi, sarebbe opportuno che si limitassero a fornire al Senato quelle indicazioni che traggono validità dal loro prestigio, senza però tradursi in un voto che, all'occasione, può alterare la volontà popolare.

E' in base a queste considerazioni che il gruppo di Forza Italia al Senato ha fatto proprio un disegno di legge costituzionale, a prima firma della senatrice Alberti Casellati, in cui si prevede che "i senatori a vita partecipano ai lavori del Senato senza diritto di voto".

Nel caso attuale, ferme restando le considerazioni di principio, si è venuto a costituire un piccolo "partito del presidente" che si è inserito tra le due coalizioni che si sono divise i voti per il Senato e i premi di maggioranza su base regionale.

Il condizionamento che esso esercita, indipendentemente dallo schieramento che ne beneficia, è quindi un'anomalia che deve essere rimossa.

   

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