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il Quaderno del 24 novembre

Forza Italia, operazione rilancio

Operazione "restyling" per Forza Italia. È in arrivo:

Forza Italia, opposizione dura

Oggi la maggioranza di governo esulta e presenta come una vera e propria svolta politica l'approvazione del decreto fiscale al Senato senza aver posto l'ennesimo voto di fiducia e senza che sia risultato determinante il voto dei senatori a vita.

Naturalmente il coro dei grandi giornali "indipendenti" certifica questa vittoria del governo, chiarisce che si tratta della sconfitta della presunzione del centrodestra di dare una "spallata" al governo e invita l'opposizione a rivedere la sua strategia.

Non mancano, in questo quadro, i riconoscimenti all'Udc di Casini che, al contrario, vedrebbe premiata la sua opposizione più lungimirante e flessibile al governo.

Che cosa c'è di vero in tutto questo? Di vero c'è che il termine "spallata" è stato coniato proprio dal circolo mediatico e attribuito arbitrariamente alla volontà di Berlusconi. A questo punto il gioco è stato facile. Poiché la spallata non riesce, ecco che è fallita la strategia di Berlusconi e di conseguenza entra in crisi l'opposizione.

Tutto ciò nell'assoluto disinteresse nei confronti dei contenuti dell'azione del governo. Per la stampa non conta la sostanza del decreto fiscale, ma ha rilievo il fatto che il governo non abbia posto la fiducia!

Per quanto riguarda l'opposizione, che cosa dovrebbe fare nei confronti di un governo che ha una maggioranza risicata e che sopravvive grazie al voto quasi sempre determinante dei senatori a vita?

È chiaro che per l'opposizione ogni votazione è l'occasione – e un diritto da esercitare - per mettere in difficoltà il governo e per far esplodere le sue contraddizioni. Oltretutto, se l'opposizione non si comportasse così gli stessi giornali l'accuserebbe di essere allo sbando.

La verità è che questo governo trova conforto, come i naufraghi, dal minimo segno di speranza. Ma le questioni politiche sottostanti non cambiano in nulla e sono destinate a ripresentarsi al più presto.

Forza Italia, Prodi imploderà

La macchina propagandistica dell'Unione, rinforzata dagli apporti di invenzioni e compiacenze proprie della stampa "amica", sta cercando di trasformare il passaggio al Senato del decreto fiscale da modesto e prevedibile successo tattico in vittoria decisiva della campagna di sopravvivenza ingaggiata dal governo. Nelle dichiarazioni di esponenti del governo e della maggioranza si colgono trionfalismo e retorica che contrastano con la disomogeneità di cui quotidianamente dà prova il cartello di fazioni attualmente al potere. Ed è questa mancanza di coesione che sarà fatale per il Professore.

Con significativo realismo il leader del centrodestra Silvio Berlusconi ha sempre sostenuto che la fine dell'esecutivo guidato da Romano Prodi sarà provocata, più che dagli attacchi dell'opposizione – che resta ferma e determinata – da una "implosione", dalla rottura del difficile e delicato rapporto fra le diverse anime dell'Unione. Un rapporto non privo di asprezze, una conflittualità palese che giorno dopo giorno fa sedimentare contrasti – e rancori – in seno all'Unione.

Gli incontri e gli scontri fra sedicenti riformisti e conclamati massimalisti, fra laicisti d'antan e cattolici con la guida a sinistra, con movimentisti e verdi-rossi a complicare il gioco, avvengono in un clima di perenne sospetto: Prodi, al pari dei suoi alleati, soffre della "sindrome del complotto". E non a torto, visti i precedenti.

Forza Italia, forza di primavera

Il giubilo trionfale del centrosinistra, per l'approvazione al Senato del decreto fiscale, confonde il sollievo per un pericolo scampato per una promessa di vittoria finale. Specialmente quando il pericolo stesso era inesistente. Il mitico "complotto" dell'opposizione, per indurre alcuni senatori della maggioranza a saltare il fosso e dare così la "spallata" al governo Prodi, era solo una proiezione fantastica della cattiva coscienza del centrosinistra alla prova (fallimentare) della Finanziaria.

L'approvazione del decreto fiscale lascia le cose così com'erano. L'aritmetica parlamentare non è un'opinione. Il governo conta al Senato su un paio di voti di maggioranza, ai quali può sommarsi (non è giusto, ma tant'è) il soccorso indebito dei senatori a vita. Ferma restando la possibilità di incidenti di percorso nelle votazioni, il ribaltamento dei rapporti di forza parlamentari non è affidato ad arcani machiavellismi nel suk della politica deteriore, bensì all'implosione della maggioranza a causa delle sue contraddizioni. Le votazioni sugli articoli più controversi della Finanziaria di tasse e balzelli firmata da Padoa Schioppa ne forniranno l'occasione più prossima, ma non la più importante. Decisiva sarà la fase successiva, quella delle scelte sulle riforme necessarie al Paese e impossibili per una maggioranza da Mastella a Diliberto. Capre e cavoli non stanno insieme.

La cinica scommessa di Prodi sulla conversione in alleanza di governo di una alleanza elettorale raffazzonata è giocata interamente su un solo elemento unificante: la paura di sottoporsi al giudizio degli elettori. La caduta verticale di consenso sotto le stangate fiscali della Finanziaria, accertata da tutti i sondaggi, fa il gioco del presidente del Consiglio nell'immediato, ma gli farà perdere la scommessa a primavera. Quando dieci milioni di elettori, chiamati alle urne per le amministrative, avranno l'opportunità di dare un voto all'operato del governo e dei partiti che lo sostengono. E poiché è sul versante moderato della coalizione che si è aperta la falla, ne faranno le spese i partiti che si sono incautamente proposti come garanti dell'esperimento prodiano presso i ceti medi. È molto improbabile che Ds e Margherita accettino di sacrificarsi sull'altare di Diliberto e compagni.

È dunque sull'appuntamento di primavera che deve concentrarsi la tensione dell'opposizione. La contestazione puntuale delle scelte del governo nei passaggi parlamentari non rappresenta un'occasione per ipotetiche "spallate", ma per rivolgersi al Paese. Dei cui malumori si renderà interprete la grande manifestazione romana del 2 dicembre. Sarà una manifestazione per "mandare a casa Prodi": l'avviso di sfratto da Palazzo Chigi che precede lo sfratto esecutivo a cura dell'elettorato. Nella battaglia sulla Finanziaria, Prodi lotta per salvare la mobilia ma perderà l'appartamento.

Forza Italia, il dialogo che non c'è

Rilanciare la "virtù del dialogo" tra maggioranza e opposizione, come ha fatto Anna Finocchiaro dopo l'approvazione del decreto fiscale, è puro esercizio dialettico. Dire che quanto accaduto al Senato dimostra che "il confronto è utile" è soltanto un inganno e una forzatura della verità. Perché la realtà dei fatti è un'altra: al Senato non c'è stato dibattito né confronto.

È per lo meno temerario usare la parola "dialogo" nel momento in cui si sono alzati a parlare soltanto i parlamentari dell'opposizione e neppure uno dei 158 rappresentanti della maggioranza. Evitando di contrapporre argomenti ad argomenti, bocciando tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione, la sinistra ha sì rinunciato alla blindatura tecnica del provvedimento e quindi alla fiducia, ma si è rifugiata in una blindatura nei fatti.

Il dialogo si fa (almeno) in due: i parlamentari della sinistra non hanno aperto bocca. Parlare di dibattito democratico in queste condizioni è lontano mille miglia dalla verità.

Dice Baccini che, grazie al fatto che la Cdl non ha fatto ostruzionismo, "è stato possibile un confronto". Quale confronto? È la stessa Finocchiaro a dire che "abbiamo dato all'opposizione la possibilità di esprimere le critiche e le proprie ragioni". Tutta qui la democrazia vista da sinistra?

Forza Italia, il consenso che rimane

I giornali di oggi hanno dato l'impressione che l'azione politica dell'opposizione abbia deluso coloro che avevano creduto, se non nella spallata, nella capacità di contrapporsi al governo in maniera significativa e ha ringalluzzito la maggioranza. Che il decreto fiscale sia passato al Senato senza bisogno di fiducia, ha trasformato uno scampato pericolo in una pretesa di grande vittoria: ha dato ragione alla Finocchiaro, ha dato torto a De Gregori, sul quale sembravano concentrarsi le speranze della CdL. E ora, vinta una battaglia ma non la guerra, questi signori della sinistra si permettono, per bocca della capogruppo dei diesse, di discettare e di giudicare sul modo di fare opposizione: bravi Casini e tutta l'Udc, cattiva Forza Italia.

Ma in politica non basta avere la disapprovazione dell'avversario, è molto più importante avere la condivisione di chi ci sostiene, di chi si identifica nelle nostre posizioni, nelle nostre battaglie.

In 24 ore il centrodestra ha rischiato di perdere quanto capitalizzato in sei mesi solo per mancanza di una tattica ostruzionistica capace di costringere il governo a correre ai ripari.

Può sembrare sospetta la sicumera con cui la Finocchiaro si è imposta con l'esecutivo perché non si ponesse la questione di fiducia, ma bisogna fare i conti con la loro capacità di militarizzare le "truppe", senatori a vita compresi. Ecco perché è necessario non abbassare mai la guardia.

Polemica brogli/Flop Deaglio

"Quando c'era Silvio" alla fine non aveva prodotto l'effetto desiderato: la ricerca estenuante della "verità" sotto le vesti di un documentario di 89 minuti sulla vita di Berlusconi era stato un flop, eppure gli argomenti erano più che accattivanti e vari, passando dal trapianto di capelli alle sproporzionate ricchezze sino alla lite nell'aula del Parlamento Europeo di Strasburgo con l'On. Mark Shulz, il tutto con l'uso di riprese amatoriali e ufficiali, con immagini d'archivio o inedite il cui unico comun denominatore era quello di distruggere il più possibile l'immagine dell'odiato leader della CdL.

Il colpaccio, dunque, al buon Deaglio, non era riuscito e i suoi dvd erano finiti nei cestini "tutto a tre Euro" delle Feste dell'Unità. Eppure il business della satira tv su Berlusconi andava a gonfie vele, Nanni Moretti si preparava agli incassi del suo imminente Caimano, Cornacchione partiva dal palco di Zelig per arrivare su quelli dei migliori teatri d'Italia, per non citare gli innumerevoli comici, cabarettisti e imitatori anche di seconda fascia che rimbalzando da una rete all'altra garantivano la totale copertura mediatica sullo sport nazionale del momento: il tiro al Cavaliere.

Insomma un successo per tutti tranne che per Deaglio che sconsolato cercava una nuova storia da mettere in pellicola per tornare ad essere citato dai compagni come l'ennesimo intellettuale impegnato nella buona battaglia contro Berlusconi. Ma visto che l'occasione non si concretizzava occorreva dare libero sfogo alla fantasia, ed ecco così un nuovo prodotto di alta cinematografia serie fantasy.

Di certo il titolo scelto è ancora più efficace del precedente perché allarmante con tanto di punto esclamativo per accentuarne l'importanza "Uccidete la democrazia!". Brogli elettorali, non semplicemente manuali ma addirittura informatici, schede bianche che per magia si tingono d'azzurro e vanno a gonfiare il consenso di Forza Italia. Sì, perché l'obiettivo è il partito di maggioranza del paese. Non conviene alla sinistra, proprio mentre i tentativi di corteggiamento al Senato sono in atto, coinvolgere nella vicenda partiti come l'Udc; quindi giù duro sul partito del Cavaliere.

Così, mentre da un lato vige in pieno il diktat del Professor Prodi "non disturbate il manovratore", che si manifesta nell'assoluta assenza di satira politica e di critica nei confronti del suo governo, dall'altro continua il coerente e incessante assalto contro Berlusconi con qualunque mezzo.

Anche questa strategia è ormai troppo chiara agli elettori del Polo, anche contro questo sistema di calunnie e falsità scenderanno in piazza il 2 dicembre.

Polemica brogli/A chi giova

È abbastanza normale che la parte sconfitta alle elezioni, specie se per pochi voti, denunci brogli ai propri danni.

È abbastanza anomalo che a denunciare brogli sia la parte vincente, soprattutto se per pochi voti.

Ma nell'Italia delle anomalie succede anche questo, con il libro e il film di Deaglio e il pronto intervento della Magistratura perché la denuncia viene da sinistra. Per la verità, già all'indomani del voto fu il centrodestra a parlare di brogli, soprattutto riguardo al voto degli italiani all'estero.

Ci fu una breve verifica formale e poi la proclamazione dei risultati da parte della Cassazione che ratificò l'assegnazione già fatta del premio di maggioranza all'Unione. Quanto alla Giunta elettorale, organismo parlamentare di verifica, non ha ancora concluso nulla, non avendo avviato nessuna verifica sostanziale, cioè il controllo vero e proprio delle schede, ossia il riconteggio.

Verifiche parziali hanno fatto registrare un aumento di voti per il centrodestra che, portati a livello nazionale, ridurrebbero di molto, o forse addirittura annullerebbero, il vantaggio di 24 mila voti della sinistra.

È forse per questo motivo che la sinistra è passata all'attacco, montando un'ipotesi accusatoria: un programma informatico avrebbe trasformato le schede bianche, oltre una certa soglia, in voti per Forza Italia. È stato chiamato in causa l'allora ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, il quale alla fine ha risposto adendo le vie legali.

Ovviamente c'è una ragione politica alla base di questa operazione: mantenere alto il livello di scontro tra i due poli per impedire qualsiasi avvicinamento all'ipotesi di larghe intese che metterebbe fuori gioco il governo Prodi.

È infatti da ricordare che, dopo l'annuncio dei risultati, Silvio Berlusconi parlò di sostanziale pareggio e sostenne che, con tale esigua maggioranza di seggi al Senato, l'Unione avrebbe dovuto evitare di arroccarsi in una gestione solitaria del potere.

La risposta dell'Unione fu negativa, sia nella fase delle votazioni per le più alte cariche dello Stato, sia nella successiva fase della formazione del governo Prodi e delle sue concrete iniziative.

Sembra anzi che proprio Romano Prodi sia il sostenitore di questa linea dello scontro, del "faremo da soli" dell'Unione perché la ragione è molto semplice: solo con lo scontro, che si concretizza spesso nel ricorso al voto di fiducia, Prodi riesce a mantenere compatta la propria maggioranza.

In questa tattica si inquadra la polemica sui brogli che impedisce qualsiasi dialogo tra maggioranza e opposizione e tiene in vita il governo Prodi, massimo beneficiario dello scontro.

In questo modo Prodi tiene sotto scacco anche la propria maggioranza, che non può abbandonarlo nella tesi, da lui sostanzialmente avallata, che la CdL sia arrivata a raccogliere tanti voti solo grazie a dei brogli.

Prodi fa questo perché avverte che nella propria maggioranza ci sono spinte centrifughe, sia verso una spaccatura tra moderati ed estremisti, sia verso una consapevolezza della parte moderata che non si può governare da soli un Paese spaccato in due.

La recente mossa di Berlusconi, che si è dichiarato non disponibile a guidare un eventuale governo di larghe intese, complica le cose per Prodi: da qui, anche, l'accelerazione dell'operazione brogli mediante il pronto intervento della Magistratura, che non potrà chiarire nulla – in quanto la chiarezza potrebbe venire solo da un riconteggio delle schede, sempre più aleatorio con il passare del tempo – ma che tende a ristabilire il rapporto (negativo) tra Berlusconi e Magistratura.

   

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