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il Quaderno del 27 novembre

Il discorso di Berlusconi ai Circoli della Libertà

Questo il testo integrale del discorso pronunciato domenica mattina dall'on. Silvio Berlusconi a Montecatini terme

Voi non mettete proprio in conto il fatto che noi vecchietti siamo esposti alla commozione e che la commozione può fare dei brutti scherzi al cuore. Grazie, grazie davvero di questa accoglienza che io non penso tuttavia sia rivolta a me, ma penso che sgorghi dal vostro cuore per quello che noi abbiamo cercato tutti insieme di rappresentare nel nostro Paese: una voglia insopprimibile di libertà. (...).

Non credo quindi che qui in chiusura di questo incontro appassionato noi dobbiamo ancora dirci che cosa sta combinando questa sinistra al governo del Paese, non dobbiamo ancora parlare dei contenuti della legge finanziaria che ormai conosciamo in molti dettagli o delle altre leggi che si stanno approntando. Noi dobbiamo invece partire da una semplice ma profonda riflessione su ciò che questa sinistra ha in mente e su quella che è la concezione che produce tutti i disegni di legge che questa sinistra ha in mente e che ha presentato in Parlamento o che si appresta a presentare.

Il comunismo di sempre

Ho già detto che un albero non può cambiare frutti, un albero dà sempre gli stessi frutti. E l'albero di questa sinistra ha le sue radici in una cultura anticapitalistica, in una ideologia che possiamo chiamare francamente con il suo vero nome, che è il comunismo ortodosso, il comunismo di allora e di sempre. Tutto ciò che questo governo appronta viene dettato al governo dalla estrema sinistra massimalista, fondamentalista, radicale. E anche coloro che vogliono chiamarsi riformisti di questo governo, modernisti aperti al libero mercato, tutti costoro devono subire i diktat della sinistra perché se non li subissero cadrebbe la maggioranza, cadrebbe il governo. E allora ecco che noi dobbiamo riandare alla concezione di base che anima l'agire della sinistra fondamentalista, padrona della maggioranza e del governo. Ed è una concezione dell'uomo, dello Stato, assolutamente antitetica alla nostra concezione liberale.

Per noi l'uomo viene prima addirittura della società e sicuramente prima dello Stato. Per noi lo Stato siamo noi. Lo Stato nasce da un accordo tra tutti noi attraverso una legge fondamentale, la legge costituzionale che decidiamo per crescere meglio insieme in pace, per difenderci dal pericolo dell'esercito del male interno o degli eserciti esterni. Ci conviene unirci tutti e dare alla nostra società un qualcosa in più, che è appunto l'organizzazione dello Stato. Ma lo Stato è lì per far sì che ciascuno di noi possa esercitare i diritti che a ciascuno di noi appartengono per diritto naturale. E il primo dei nostri diritti è il diritto alla libertà. Per noi lo Stato è utile, è conveniente, trova la sua legittimità soltanto se garantisce fino in fondo la nostra libertà, la libertà di ciascuno di noi, la libertà di tutti i suoi cittadini fino all'estrema minoranza che è costituita anche da un solo individuo. Per loro, invece, lo Stato è il titolare di questi nostri diritti. Per loro lo Stato concede ai cittadini questi diritti: li concede graziosamente. Diritto alla libertà religiosa, alla libertà politica, alla libertà di associazione, alla libertà di parola, il diritto a non subire l'oppressione burocratica, a non subire l'oppressione fiscale. (...).

Il potere delle clientele

Per loro questi diritti sono proprietà dello Stato, che li concede ai cittadini graziosamente e che pertanto, quando ritiene suo interesse limitarli, condizionarli o addirittura di abolirli, può farlo. Per loro è morale che lo Stato possa limitare i diritti dei cittadini. Ma badate: non è vero che sia l'interesse dello Stato, perché per loro lo Stato altro non è che il potere di governo. L'interesse dello Stato è l'interesse di chi sta al potere. E da questa concezione deriva il loro modo di governare, da questa concezione deriva la volontà di usare la politica attraverso lo strumento tributario, per togliere a chi ha di più, per togliere a chi considerano loro avversari politici, a quella classe che a loro si oppone e quindi non li ha eletti. E per dare non a chi ha di meno, ma semplicemente alle loro clientele, per espandere il loro potere.

E per far questo lo Stato deve poter avere degli strumenti per conoscere tutto di tutti i suoi cittadini; ed ecco con il recente decreto aperta la via allo stato di polizia tributaria. Uno Stato che vuole conoscere la nostra vita, le nostre abitudini di spese, le nostre vacanze, le nostre visite dai professionisti della salute, che vuole che tutto passi dal controllo del sistema bancario perché vuole che spendiamo solo con gli assegni bancari, con i bonifici bancari, con le carte di credito, in modo che ogni cittadino, se è il caso, possa essere chiamato da un membro dell'amministrazione per intimorirlo, per condizionarlo, per renderlo meno libero. E guardate che questo aspetto della libertà, la concreta libertà economica, non è meno importante delle altre libertà. La libertà economica ha lo stesso valore civile e spirituale della libertà politica, della libertà religiosa, di tutte le altre nostre libertà.

Cinque anni d'oro

Ed è appunto questa la nostra preoccupazione più grande. Lo è stata negli anni del nostro governo e non siamo mai venuti meno all'impegno che avevamo avuto con i cittadini. Posso dirvi in piena coscienza che mai, non una sola volta, negli anni del governo io ho portato sul tavolo del Consiglio dei ministri un provvedimento, un disegno di legge, che in qualche modo diminuisse la libertà dei cittadini. Mai in cinque anni ho portato sul tavolo del Consiglio dei ministri un provvedimento che permettesse al fisco di mettere le mani in più nelle tasche dei cittadini. E mai in cinque anni del governo noi abbiamo approvato un provvedimento che colpisse i nostri avversari politici. (...).

Ho parlato con voi a cuore aperto di quella che è la mia e la vostra più profonda preoccupazione: vedere diminuire i margini di libertà nel nostro Paese. È la parola libertà che ho usato di più. Ed è anche la parola più bella del nostro vocabolario, la parola più alta, più nobile. La parola più entusiasmante della nostra democrazia. (...). Per me la libertà è la nostra essenza, è l'essenza dell'uomo. È l'essenza della nostra mente e del nostro cuore. E dei nostri sentimenti. La libertà è la condizione affinché l'uomo possa amare, possa lavorare, possa creare. La libertà è il marchio di fabbrica di ognuno di noi, perché Dio ci ha creato e ci ha voluto liberi. E la libertà non può essere che una libertà totale. Non ci può essere una libertà minore. La libertà è sempre sotto attacco, è sempre a rischio. Lo vedete quello che sta succedendo nel mondo. Ma guardando quello che sta succedendo in casa nostra, io ho avuto modo di dire, per attirare l'attenzione soprattutto dei giovani, che la libertà richiede una vigilanza quotidiana. (...).

La Gerusalemme celeste

Vedete, io insisto su questo concetto fondamentale, che deve ispirare la nostra condizione di cittadini preoccupati per il futuro del nostro Paese, perché la libertà non ha nei confronti della gente e anche dei giovani l'appeal che hanno avuto altre dottrine. Le dottrine, per esempio, che hanno sterminato il secolo scorso: il comunismo, il nazismo. Il comunismo ha colpito la fantasia di molti giovani perché indicava la possibilità di trasferire in terra la Gerusalemme celeste, senza lotte, senza classi in contrapposizione. (...). Ebbene, questa è stata ed è non una utopia positiva, ma è stata ed è l'impresa più disumana e criminale della storia dell'uomo. Impresa che ha coinvolto più popoli, che ha mietuto il maggior numero di vittime, che è durata per più tempo e dura ancora, se è vero che un miliardo e 300 milioni di sfortunati abitanti del mondo sono ancora sottomessi a regimi nei quali non c'è la libertà, non c'è protezione dei diritti civili, dove se vuoi fare opposizione al governo devi decidere se stare in esilio, se stare in galera o addirittura sotto terra.

E l'altra ideologia, il nazismo, che partendo dalla superiorità della razza ha vellicato gli istinti più belluini dell'uomo e che ha portato dei lutti incredibili a tutti gli uomini che non si consideravano essere parte di quella razza che doveva essere sopra a tutto. No, il liberalismo, la nostra filosofia, io dico la nostra religione, è la libertà, è qualcosa di cui si avverte la grandezza soltanto quando comincia a mancare.

Una vigilanza personale

Ho fatto il paragone: ho detto che la libertà è come l'aria. Nessuno è felice quando può respirare liberamente: pensa che sia una condizione naturale. O come la salute: soltanto quando comincia a mancare si capisce quanto sia importante. E così è per la libertà. E questo quindi ci deve indurre non solo a una vigilanza nostra personale, di ciascuno di noi, quotidiana e continuativa, ma anche a essere dei missionari, dei promulgatori, dei difensori della libertà. Dobbiamo far capire, anche a chi ancora non ne ha la consapevolezza, che questo è il primo di tutti i beni. (...).

E quindi dobbiamo essere in campo per difendere e rafforzare questa libertà, se è vero, come è vero, che chi ha ottenuto la maggioranza nella notte degli spogli e degli imbrogli è al governo del Paese senza averne piena legittimità. Dobbiamo prendere atto di vivere un momento cruciale della nostra vita democratica e dobbiamo fare qualcosa per cambiare il futuro che questi signori ci vogliono apprestare. Qual è la missione che intendiamo darci? (...). Noi dobbiamo recuperare alla consapevolezza democratica quei tanti italiani che per sbadataggine, per indifferenza, per comodità, non hanno fatto come noi, non hanno partecipato all'ultima chiamata elettorale, non partecipano alla vita politica del Paese. Non si può pensare che in questo momento la difesa della libertà possa essere lasciata nelle mani di un uomo solo con i suoi fedeli collaboratori, con i suoi leali collaboratori o con i partiti alleati. La Libertà deve diventare la preoccupazione di tutti (...).

Che fare quindi? Intanto bisogna chiamare alla preoccupazione politica più persone di quelle che nel ‘94 sono scese in campo a seguito della mia iniziativa, hanno fondato Forza Italia, hanno compiuto il miracolo di mettere insieme laici e cattolici per la prima volta, di mettere insieme i partiti che si contrapponevano alla sinistra. Dobbiamo provocare la nuova discesa in campo per dare manforte a coloro che in campo già ci sono, che sono in campo tuttavia da tredici anni, che hanno lasciato le professioni che a loro piacevano, che oggi possono magari essere considerati anche dei professionisti della politica, ma che hanno bisogno di qualcuno che si aggiunga a loro, portatore di nuova energia, di nuovo entusiasmo.

Per questo dobbiamo estendere il nostro appello soprattutto ai giovani, alle donne, che nella politica portano il loro senso di particolare concretezza, la loro capacità di andare alla radice dei problemi senza passare attraverso i ragionamenti complicati di noi uomini. Dobbiamo andare a chiedere di venire insieme a noi soprattutto alle forze del lavoro, ai giovani artigiani, ai giovani commercianti, ai giovani professionisti, a tutti coloro che finora hanno lavorato per la loro comunità all'interno delle loro associazioni, ma che non sono ascoltati dalla maggioranza di questo governo, come invece avevamo fatto noi nei cinque anni precedenti.

Bene, ultimamente questa maggioranza e questo governo si sono preoccupati solo di ascoltare soltanto i sindacati confederali e in particolare la Cgil. E allora ecco che il nostro appello si rivolge in particolare a loro, ai giovani del mondo del lavoro. (...).

I circoli della libertà

I Circoli della libertà che io immagino possono e devono sorgere dovunque in tutta Italia, in tutti i paesi d'Italia. E in ogni paese potranno essere uno, due, tre, quattro, non ha importanza. Insieme questa associazione metterà a punto i programmi che questi circoli saranno invitati a realizzare. Non solo programmi politici, culturali. Certo anche quelli, ma pure di sport, programmi addirittura ludici per abituare i giovani, le donne, la gente, a stare insieme, a preoccuparsi del proprio futuro anche sul piano politico. Bene, io credo che questi circoli possano conseguire due fini importantissimi. Il primo, che può esistere anche con l'attuale organizzazione del centrodestra: quello di garantire nei seggi e nelle sezioni elettorali un presidio di persone specializzate che sappiano contrastare i brogli della sinistra. Che, lasciatemelo dire aprendo una parentesi, davvero non si vergogna di capovolgere la realtà quando le fa comodo. Noi abbiamo chiesto dal giorno dopo delle elezioni che fossero ricontate le schede elettorali. Profittando della loro maggioranza nella giunta alla Camera e al Senato per le elezioni, hanno messo in campo un feroce ostruzionismo e non siamo ancora riusciti a controllare neppure una scheda. Ora ci hanno detto che addirittura noi avremmo cercato di volgere la tecnica, la tecnologia, nel ministero degli Interni a nostro favore. (...).

L'altro obiettivo è un obiettivo fondamentale. È quello di convincere tutte le forze politiche della Cdl a fondersi in un unico più grande partito della libertà. Questo è il mio appello, questo è quello che penso di poter lasciare come eredità della mia azione politica . E ora scusatemi, ma la commozione ha prevalso... e io...

Gli auguri a Berlusconi del mondo politico

Agenzia Ansa del 26 novembre, h. 21,11

Auguri bipartisan per Silvio Berlusconi. Amici e avversari politici hanno fatto a gara per esprimere la propria solidarietà all'ex premier. A Berlusconi, in serata, è arrivata la telefonata del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: una telefonata cordiale, in cui il capo dello Stato si è informato delle condizioni di salute dell'ex premier e gli ha fatto gli auguri di pronta guarigione.

Il presidente del consiglio Romano Prodi ha mandato al suo ex antagonista nella campagna elettorale un messaggio dai toni amichevoli: "Caro Silvio, sono molto preoccupato da quanto accaduto oggi mentre parlavi con la consueta grinta ai giovani del tuo partito. Sono certo che si sia trattato di un piccolo problema e ti auguro la più pronta guarigione".

Messaggio apprezzato dal Cavaliere, che ha fatto sapere attraverso il portavoce Bonaiuti di voler rispondere di persona. Tra i primi a chiamare il leader di Forza Italia, il presidente della Camera Fausto Bertinotti. Auguri di "pronto ristabilimento" sono arrivati dal presidente del Senato Franco Marini.

Il segretario dei Ds Piero Fassino ha telefonato a Gianni Letta per avere notizie. Massimo D'Alema ha scritto: "Sono certo di averla presto di nuovo protagonista della vita politica italiana".

Francesco Rutelli ha fatto sapere di aver inviato un messaggio "cordialissimo" di immediato ristabilimento. Altri messaggi di auguri sono arrivati dal ministro della Giustizia Clemente Mastella, dal leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, dal gruppo dell'Ulivo della Camera.

Bobo Craxi ha inviato auguri "affettuosi", forse anche pensando all'amicizia tra il padre Bettino e il Cavaliere. A destra la solidarietà a Berlusconi è stata a 360 gradi, dai fedelissimi come Renato Schifani ai critici come Pierferdinando Casini. Nel suo schieramento l'augurio più frequente e quello di ristabilirsi in tempo per la manifestazione di sabato prossimo contro la Finanziaria, alla quale, ha fatto sapere il fedele Bonaiuti, il premier ci sarà.

"Lo aspettiamo tutti, con la grinta di sempre, alla manifestazione del 2 dicembre", dice l'ex presidente del Senato Marcello Pera. "Saremo in piazza al suo fianco sabato prossimo - gli fa eco il capogruppo azzurro Renato Schifani - per fargli sentire ancora una volta il sentimento di gratitudine e riconoscenza per quello che ha fatto e che farà per il Paese". "Abbiamo trepidato per qualche attimo - racconta il capogruppo di An al Senato Altero Matteoli - ma ora siamo davvero sereni perchè il presidente Berlusconi sta benissimo". Il leader di An Gianfranco Fini, subito informato del malore di Berlusconi, è stato in contatto continuo con Arcore per essere aggiornato sulle condizioni di salute del leader di Forza Italia. Auguri e solidarietà a Berlusconi vengono anche dai "frondisti" dell'Udc.

Pier Ferdinando Casini ha subito chiamato Gianni Letta, mentre il segretario Lorenzo Cesa ha augurato all'ex premier di "tornare presto attivo e vigile oppositore al governo Prodi".

Si è fatto sentire anche la "spina nel fianco" Marco Follini: "Rivolgo anch'io a Silvio Berlusconi un augurio affettuoso. È un augurio che credo accomuni i suoi tifosi, i suoi amici e anche i suoi avversari". Il segretario della Dc Gianfranco Rotondi ha pensato di regalare all'ex premier un cornetto portafortuna preso a Napoli.

Un leader senza alternative. Perché

Berlusconi è un combattente generoso, ha puntato molto sui circoli per imprimere una spinta decisiva verso il grande partito del centrodestra e non ha voluto, ancora una volta, tradire la sua gente. Ha parlato per quaranta minuti, il Cavaliere, dipanando un ragionamento lucidissimo sulla libertà che la sinistra sta affievolendo pericolosamente, e quando c'è meno libertà non c'è libertà perché Dio ha voluto l'uomo libero senza aggettivi. E sul partito unico dei moderati, che costituisce l'ancoraggio di libertà in un Paese percorso ancora dai fremiti del comunismo totalizzante che tira le redini del governo Prodi.

Lo Stato di polizia fiscale che Visco sta costruendo mattone su mattone è l'antitesi stessa della libertà, e di fronte a questa sinistra che ha vinto le elezioni per 24mila voti nella notte degli spogli e dei brogli c'è bisogno di unità, di coerenza e di forza morale.

Il partito della libertà è la grande eredità, il valore aggiunto che Berlusconi vuol lasciare al Paese dopo essere già riuscito a modernizzare la politica e a indirizzare l'Italia verso l'approdo bipolare che è il segno distintivo delle democrazie occidentali compiute.

Quando si è sentito male, Berlusconi stava parlando proprio del partito della libertà, «l'eredità politica che vi lascio». Un'eredità, evidentemente, troppo prematura, fuori dal tempo e dalla logica. Perché se Berlusconi uscisse di scena l'opposizione perderebbe non solo il suo leader, ma il suo unico, insostituibile collante politico.

La politica non è solo sangue e sterco, come diceva metaforicamente Rino Formica, o meglio è anche questo, ma è soprattutto l'esercizio della leadership e la sua pratica applicazione nei gesti, nelle parole e nelle azioni conseguenti. La prodigiosa rimonta elettorale di aprile lo dimostra: molti, nel centrodestra, remavano contro, rassegnati a una sconfitta ineluttabile, e solo la caparbietà di Berlusconi ha prodotto un miracolo non riuscito per uno zero virgola, un nonnulla sul quale peraltro gravano ancora le ombre dei brogli.

A Berlusconi non ci sono alternative, come non c'è alternativa - se si vuol davvero contrastare l'egemonia dell'Unione - a una ricomposizione unitaria del centrodestra, almeno attraverso una federazione di partiti con gli stessi valori e gli stessi obiettivi.

L'esperienza dei giovani, in questo senso, è una delle risorse per dare linfa a quel tessuto connettivo costituito dai militanti di base e dai segmenti sociali del popolo moderato che, in quanto a spirito unitario, sono spesso più avanti dei gruppi dirigenti. E ancora una volta, vince Berlusconi, la sua capacità di guardare lontano, la sua intelligenza, la sua passione politica. La sua caparbietà.

Un leader indispensabile al Paese. Perché

Ci sono volte in cui pochi istanti danno il senso di una vita: esattamente ciò che è successo ieri a vedere il malore di Berlusconi in tv. La sensazione è stata di smarrimento e ciò che più ha impressionato è che tale smarrimento non ha coinvolto specificamente il centrodestra o Forza Italia ma l'intero sistema politico. È come se, per un istante, tutti abbiano temuto di perdere qualcosa di molto importante. Chi ha temuto di perdere il proprio leader, chi non tanto il leader ma una sorta di padre putativo, per altri l'uomo a cui è dovuto il proprio impegno ed il proprio successo politico, altri ancora – per lo più gli alleati – la sponda che ha consentito loro di avere con pochi voti tanto prestigio e tanto potere. Infine, e questa per tanti è stata una sorpresa, la sinistra ha temuto di perdere l'avversario. Già, proprio così. La sinistra degli insulti a Berlusconi, dell'aggressione violenta al leader di Forza Italia, ha temuto di perdere il rivale. Come in quei duelli romani che non finiscono mai ed in cui alla fine vi è un intimo, non rivelabile ma profondo rispetto nei confronti dell'indomito duellante.

Gli istanti della paura sono stati rivelatori: schiudono una prospettiva mai immaginata e sempre esorcizzata: che ne sarà del sistema politico italiano senza Berlusconi? Il centrosinistra perde immediatamente ragion d'essere e si avvia verso un inesorabile big bang. E noi, noi che facciamo senza il nostro leader? Non riusciamo proprio ad immaginarci guidati da altri…

Un leader del nostro tempo. Perché

Max Weber nel suo celebre saggio La politica come professione tratto da una conferenza tenuta a Monaco di Baviera nel 1919 – scriveva: «Tre qualità possono dirsi sommamente decisive per l'uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza. Passione nel senso di Sachlichkeit: dedizione appassionata ad una "causa". [...] Giacché evidentemente non basta la semplice passione, per quanto sinceramente sentita. Essa non crea l'uomo politico se non mettendolo al servizio di una "causa" e quindi facendo della responsabilità, nei confronti appunto di questa causa, la guida determinante dell'azione. Donde la necessità della lungimiranza – attitudine psichica decisiva per l'uomo politico – ossia della capacità di lasciare che la realtà operi su di noi con calma e raccoglimento interiore».

Ieri, nel malore che ha colpito Silvio Berlusconi in un momento topico del suo discorso, mentre parlava di eredità politica da consegnare alle nuove generazioni, le doti indicate da Weber si sono fatte corpo e l'immagine dava il senso dell'eroismo politico, autentica cifra del leader.

Da dodici anni Berlusconi si è dedicato alla politica, e a questa sua scelta sono state attribuite le più ignobili ragioni, prima tra tutte l'interesse personale: Berlusconi sarebbe il campione dell'egoismo politico, come è stato scritto in cataste di giornali e libri.

Solo il popolo che da dodici anni lo sostiene con immutata speranza ha colto il senso dell'avventura politica di Berlusconi. Quella che Max Weber traccia quando scrive che: «chi vive "per" la politica, fa di questa, in senso interiore, la propria vita»; mentre al contrario «vive "di" politica come professione chi tende a farne una duratura fonte di guadagno».

Berlusconi è dunque un eroe politico del nostro tempo. E lo è per temperamento e per necessità.

È il temperamento che lo porta ad avere una visione eroica di se stesso e che lo ha spinto a cercare traguardi più ambiziosi di quelli, pur straordinari, dell'uomo di impresa. L'impresa politica gli è apparsa più consona a consegnarlo alla storia di quella economica.

La necessità è frutto della strana storia di un paese occidentale che, proprio nel momento del crollo del comunismo europeo, sembra smarrire il senso della sua appartenenza al ristretto universo della libertà e scivola verso nuove forme post-moderne di regime e di deriva eurarabica, come ha scritto Oriana Fallaci.

L'episodio di ieri non è dunque solo un malore in un comizio, come altri ce ne sono stati in precedenza, ma un evento che – per come si è svolto, di fronte ai giovani, di domenica, in un discorso non d'occasione – che ha consacrato per sempre Berlusconi come leader del nostro tempo. Altro che successione.

Grottesco/Una tassa per chi beve per chi fuma e per chi è obeso

Come rimettere in sesto il bilancio della sanità pubblica? Il ministro Livia Turco è stata folgorata da un'idea rivoluzionaria e illuminante, un vero e proprio colpo di genio: un ticket per chi beve, per chi fuma, per chi è obeso, per chi non fa sport. "Oltre il diritto alla salute, c'è il dovere di non ammalarsi", proclama in una intervista alla Stampa, anticipando così i contenuti di un piano, che porterà in Consiglio dei ministri, per tagliare la spesa sanitaria.

Il ministro dichiara espressamente di volersi ispirare alla proposta di Blair per un "contratto sociale" tra cittadini e Stato, in relazione al welfare. Il progetto inglese è di grande respiro, spazia dalla sanità alla scuola, fino all'ordine pubblico. Due esempi: rifiutare l'operazione all'anca a chi si ostini a non perdere peso; imporre a quei genitori che non garantiscano la buona condotta della prole a scuola, di contribuire all'istruzione dei figli.

La "traduzione" in italiano che di questa ricetta fa la Turco è grossolana, puramente punitiva e si risolve nel classico riflesso pavloviano della sinistra nostrana: se c'è un problema, risolviamolo con una tassa. Certo, ci saranno campagne "di educazione ai corretti stili di vita", ma per quei milioni di cittadini che faranno orecchie da mercante verranno presi "provvedimento sanzionatori".

Così nei progetti del governo c'è l'estensione a dismisura e per i casi più disparati di quel ticket già introdotto sul pronto soccorso.

Si tratta di misure grottesche e inapplicabili.

Da un lato implicano una intollerabile lesione al diritto alla privacy, con l'anamnesi del medico e la relativa cartella clinica affidata alla burocrazia amministrativa della struttura sanatoria. Dall'altro, si tramutano in un'odiosa distinzione di trattamento tra ammalati: avremo il "tumore ai polmoni" con ticket (per i fumatori) e quello esente da ticket (per i non fumatori)?

Senza contare ai risvolti comici, per i quali milioni di ammalati si sentirebbero in dovere di dichiarare di "fare sport" per conquistarsi l'esenzione da questa inguardabile tassa. Ma in che mondo vive questo ministro?

Una sua risposta è davvero illuminante:"Ci si accanisce contro lo spinello, ma le principali cause di morte in Italia sono la cattiva nutrizione, la mancanza di attività sportiva, il fumo e l'alcool".

C'è fumo e fumo, insomma. Il ticket sulle sigarette sì, sullo spinello no. Certo, la lotta alla droga è importante, ma la priorità del ministro è la battaglia contro l'amatriciana.

   

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