Lasciammo Kurobane proseguendo per la “Pietra che uccide” di Nasu (secondo la leggenda,
l’anima della dama Tamamo, la favorita dell’imperatore Konoe (1139-55, messo sul trono a
3 anni, morì a 17, ma secondo certe rappresentazioni teatrali la donna era la concubina
dell’imperatore Toba, 1107-23), smascherata come Volpe reincarnata, e condannata a morte,
volle vendicarsi trasformandosi in questa pietra malefica (“l’imperatore si ammalò e il
celebre astrologo Abe-no-seimei dichiarò che la causa doveva essere ricercata nella corte;
scoprì che la bella Tamamo Maye, nell’oscurità, aveva un alone attorno al capo, segno certo
che era una volpe, o un gatto infernale e causa della malatia del monarca. Organizzò una
cerimonia su un altare in giardino invitando espressamente la bella ad assistervi.
Ma, avvicinandosi all’altare, essa riprese le sue sembianze, quelle di una volpe bianca a nove
code e fuggì nelle paludi sotto l’imperversare di uno spaventevole uragano.
Venne in seguito uccisa da Kazusha e Miura-no-suke, che si allenarono per cento giorni
cacciando cani. Ma la versione popolare è che la volpe, vistasi braccata, si trasformò in
Sessho-seki, la pietra la cui ombra era venefica per umani e animali.
Verso il XIII secolo, il prete Genno officiò sulla pietra coperta dei resti delle vittime e la colpì
col bastone. La pietra esplose e la notte successiva il prete vide apparire una bella donna che
lo ringraziava perché le sue preghiere l’avevano salvata e così poteva far ritorno in
Cielo…”).
Il nostro amico Joboji, intendente del signore, ci prestò i cavalli per l’escursione. L’uomo che
guidava il mio animale per la briglia, mi pregò, cammin facendo, di dedicargli una
composizione. Per essere un palafreniere dimostrava molta sensibilità. Dopo un attimo di
riflessione gli improvvisai, nel genere ricercato, questa strofa:
Per farmi visitare la brughiera
porta il cavallo
là dove canta il cuculo
La “Pietra che uccide” si trova in un anfiteatro di roccia in cui sgorga una sorgente calda.
A quel tempo la sua azione mefitica era ancora tanto forte che la sabbia era interamente
coperta da uno strato di api e di falene morte. |