Come in un sogno è svanita la gloria di tre generazioni di Fujiwara. Dalle rovine della grande
posterla al luogo residenziale del castello di Hidehira si percorre una lega di risaie e di campi
incolti. Nulla resta della “Collina del fagiano dorato” che una volta era terrazzata a giardini.
Salimmo fino al Takadachi, la casamatta di Yoshitsune da cui si vede scorrere il Kitagami
nato nella provincia di Nambu. Il suo affluente, Koromo (presso cui si svolse l’ultima
battaglia di Yoshitsune), descrive un’ansa attorno al castello di Izumi e si getta nel Kitagami
proprio sotto il forte. La fortezza di Yasuhira (fu colui che denunciò Yoshitsune) e del suo
esercito, si ergeva dietro la barriera di Koromo, strategicamente collocata a difendere
l’accesso delle terre di Nambu dalle barbare tribù del Nord.
Vanità dei grandi fatti d’arme! Quel pugno di valorosi che si fortificarono qui per combattere
senza speranza: gloria di un momento su cui germoglia l’erba.
Come son veri i versi di Tou-Fou:
Anche nel paese sconfitto
continuano ad esserci fiumi e monti
e sulle rovine del castello
torna a spuntare l’erba di primavera
Le lacrime bagnavano la paglia dei nostri cappelli mentre ricordavamo questi eroi, incuranti
del tempo che passava.
L’erba secca d’estate
è tutto quanto resta
del sogno dei guerrieri
E Sora:
Sassifraghe bianche
come il capo canuto
del vecchio eroe Kanefusa
(Kanefusa è un eroe Minamoto, che era accanto a Yoshitsune quando a questi cadde l’arco in
acqua. Yoshitsune cercò di riprenderlo esponendosi al tiro nemico e Kanefusa lo pregò di
ripararsi. Yoshitsune rispose che se fosse stato l’arco del nonno (un gigante), avrebbe
permesso che venisse catturato dal nemico; essendo il suo (era di minuta statura) un’arma di
poca potenza, non voleva che venisse sfruttato per incoraggiare i soldati nemici).
Le due cappelle del tempio di Chuson (della setta Tendai, fondato da Jikaku-daishi,
detto Ennin, e arricchito dai Fujiwara di Mutsu di cui era il mausoleo; vi sono conservate
reliquie di Yoshitsune e Benkei, che morirono nelle vicinanze), che da anni sognavo di vedere,
erano aperte ai visitatori. In quella dei “Testi sacri” si ergono le statue dei tre grandi capitani
che hanno tenuto questa frontiera; e nella “Cappella scintillante” ci sono le loro tombe,
circondate da effigi di santi. Se non fosse per il tetto di tegola e la cinta muraria erette più
tardi (1288) a protezione dello stabile, le decorazioni della “Cappella scintillante” sarebbero
scomparse da tempo. Il vento avrebbe strappato i battenti delle porte incrostati di gioielli; gelo
e ghiaccio avrebbero avuto la meglio della doratura dei pilastri, della lacca e della madreperla
che rivestono le travi, e tutto il fabbricato non sarebbe che un ammasso di rovine invaso da
erbe selvagge. Invece, protetto dalle intemperie, ha qualche probabilità favorevole di
testimoniare ancora per molto tempo quel passato che è già vecchio di mille anni.
Perfino le piogge di giugno
t’hanno risparmiato
“Cappella d’oro” dalla bellezza fiammante |