Ci attardammo a Sakata, attendendo giorno dopo giorno che le nubi dileguassero. Ma ci
mancava l’animo pensando alle centoventi miglia che ci separavano dalla capitale della terra
di Kaga. Oltre la barriera di Nezu in Echigo, ritrovato l’entusiasmo, di buona lena abbiamo
raggiunto, tappa dopo tappa, la stazione di Ichifuri nel paese di Etchu. Nove giorni di marcia
senza tregua nel caldo pesante e sotto la pioggia! Tornato a sproposito, il mio vecchio male
mi bastonava le ossa, ma nulla di più.
Veglia di Tanabata,
domani una stella ritrova un pianeta
impazienza di amanti
Sui cavalloni selvaggi
La Via Lattea si specchia
fino alla lontana Sado
Oggi abbiamo superato il peggior passo della strada del Nord. Il sentiero vertiginoso scalava
enormi rocce ai piedi d’una parete scoscesa furiosamente battuta dalle onde. I passaggi più
esposti avevano nomi espliciti: “Senza riguardi per padre o figlio”, “il Cane torna indietro”,
“Rimanda il cavallo”. Eravamo estenuati e ci coricammo con le galline. In attesa del sonno,
ascoltai nella camera accanto le voci giovani di due donne e quella di un vecchio che
s’intrometteva ogni tanto. Erano due cortigiane del porto di Niigata in pellegrinaggio a Ise.
L’uomo le salutava dopo averle guidate fino a questa barriera e le ragazze si affrettavano a
scrivere lettere d’amore e futili messaggi che, tornando, egli avrebbe consegnato ai loro
amanti. Ascoltando questa storia, accostai il loro chiacchiericcio al pianto di una cortigiana
del passato.
Come alghe gettate dal mare
là dove le onde
imbiancano di schiuma gli scogli
o come un pescatore senza casa
che passa le notti in effimeri amori
il nostro pietoso destino
è una sorte triste e dura
Su queste considerazioni venne il sonno; l’indomani, già in cammino, mi avvicinò una di
queste ragazze.
“Non conosciamo la strada, mi disse, siamo deboli e timorose; permetteteci di seguirvi a
conveniente distanza”. Aggiunse con occhi pieni di lacrime: “Santi uomini, accordateci
l’indulgenza e la compassione che i vostri abiti promettono, affinché la Buona Legge ci
protegga” – “Noi andiamo senza un preciso programma, fermandoci dove e per quanto tempo
ci piace, risposi, e non vorrei costringervi a rispettare il nostro programma, ma su questa
strada non mancano i viaggiatori. Che il Cielo vi protegga”.
Lasciandole, mi si strinse il cuore e per qualche tempo non riuscii a dimenticarle.
Abbiamo diviso lo stesso tetto
come la luna e gli hagi
due cortigiane e io
(“hagi”, ritorna ancora nei versi di Basho. E’ un arbusto delle papillonacee – Lespedeza
bicolor – a piccoli fiori rossi, che diventano bruni in autunno. La leggenda vuole che fosse
una incantevole ragazza, di cui s’innamorò perdutamente un cervo… Con la luna è simbolo
del distacco dal mondo sensibile).
Questo dettai a Sora. |