Secondo il nostro ospite, le montagne che ci dividevano dalla provincia di Dewa erano
scoscese e inospitali, i sentieri incerti e pericolosi. Ci consigliò di assumere una guida, e noi
facemmo come ci diceva. Questa, un uomo giovane e vigoroso, armato di una spada ricurva e
di un solido bastone di quercia, apriva il passo. Seguendolo a fatica, mi dicevo, nel disagio: “questa tappa non promette niente di buono!”. La montagna era proprio rude come ce
l’avevano descritta e coperta da una vegetazione così fitta che non si sentiva neppure un
uccello. Rami e foglie componevano sopra le nostre teste una volta di tale spessore che ci
sarebbe stato indifferente camminare di notte.
Ricordando la poesia di Tou-Fou:
Brandelli di nubi
polvere spinta dal vento
oscurano il sole
camminavo attraverso il sottobosco di bambù nani, guadando i torrenti, traballando sulle
rocce, col corpo madido di sudore ghiaccio, finchè giungemmo nel distretto di Mogami.
Colà si congedò la nostra guida: “Per questa strada si rischia di fare brutti incontri, sono
contento di avervi portati qui senza incidenti”.
Sentire queste poche parole, anche al termine dell’avventura, ci ha fatto battere il cuore. |