A Tsuruga mi venne incontro Rotsu, uno dei miei allievi. Facemmo strada assieme fino al
paese di Mino. Entrammo nella cittadella di Ogaki su due cavalli noleggiati, trovando Sora,
guarito e venuto da Ise per proseguire con noi. Cavalcando a briglia sciolta ci aveva raggiunto
anche Etsujin, così eravamo tutti insieme in casa del samurai Joko.
Il balivo Zensen, il samurai Keiko con i figli, e tutti quelli che annoveravo tra i miei amici
sicuri, venivano a trovarmi di giorno come di notte, per salutarmi e preoccuparsi di me con
tanta sollecitudine come se fossi tornato dalla tomba.
Oggi, a malapena rimessomi dalle fatiche del viaggio, ormai al sesto giorno della Nona Luna
(20 ottobre), ho deciso di andare a Ise per assistere alla Translazione delle reliquie nel nuovo
santuario che viene ricostruito ogni ventun anni. Eccomi nuovamente, col bastone da viaggio
nelle mani, sul punto di imbarcarmi verso le “rocce sposate” (Miyoto-no-seki) di Futami-ga-Ura (sulla costa di Ise, secondo la leggenda Susano-o, fratello di Amaterasu, venne salvato
da un naufragio da un paesano di Futami; riconoscente il dio insegnò il sortilegio per tener
lontane le malattie legando, con un shime-nava, corda di paglia rituale, due rocce emergenti
dal mare) i cui mitili sono raccomandati per il sapore.
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Addio! Separati
come le valve dell’ostrica
anche l’autunno muore |
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