Il dodicesimo giorno della Quinta Luna (il 1° luglio) eravamo in strada per Hiraizumi con un
itinerario poetico che passava per “il Pino della sorella maggiore” e “il Ponte della corda
rotta”, incontrando sul cammino solo cacciatori e boscaioli. Non tardammo a perderci e,
sfidando l’avventura, ricademmo sul porto d’Ishi-no-maki.
Al largo della costa appariva l’isola di Kinkazan in cui “i fiori d’oro che appassiscono”
avevano un tempo ispirato a un poeta di corte dei versi dedicati all’Imperatore. Centinia di
barche affollavano il porto e i fumi di innumerevoli camini affiancati aleggiava su questo
borgo popoloso, dove eravamo giunti per caso. Dopo aver inutilmente cercato un albergo,
passammo la notte in un’umile capanna per rimetterci in strada all’alba, e continuando a
smarrire la buona direzione.
Passato il Forte di Sode, oltre la Prateria di Obuchi, attraversata la “Landa dei giunchi
argentati di Mano” – tutti luoghi che la poesia ci aveva resi familiari – ci impegnammo a
percorrere un argine di terra che si perdeva all’orizzonte. Aggirando così dei burroni che ci
riempirono di spavento solo al vederli, facemmo sosta nel luogo detto Toima, per giungere
l’indomani a Hiraizumi, sfiniti, essendo passati per una ventina di località. |