Quando finalmente sono stato davanti al famoso pino di Takekuma, ho dovuto persuadermi di
non avere le traveggole: come dal lontano passato i suoi due tronchi gemelli s’innalzavano
verso il cielo. Pensai al monaco-poeta Noin che, passando di qui nel X secolo, aveva scritto: “Del pino non vi è traccia”. Era accaduto che il governatore della provincia di Mutsu l’aveva
fatto abbattere costruendo i piloni del ponte sul Natori. Ma la tradizione voleva che in questo
luogo venisse piantato un giovane albero ogni volta che quello vecchio cadeva malato, o
veniva tagliato. L’albero che mi era di fronte, imponente e superbo, sembrava datare dieci
secoli.
Quando avevo lasciato Edo, Kyohaku aveva composto questa terzina come saluto:
Ultimi ciliegi
conducete il mio maestro
ai pini di Takekuma
E io gli avevo fatto eco:
Oltre questi ultimi fiori sulla curva
mi attende il doppio pino
entro tre lune |